Famiglia : Pinaceae
Testo © Eugenio Zanotti
Il genere Abies comprende, secondo vari Autori, da (40) 48 a 55 specie di conifere sempreverdi distribuite nel Nord e Centro America, Europa, Asia e Nord Africa, per lo più sulle aree montagnose.
L’Abete bianco (Abies alba – Mill.1768) era già diffuso sulla terra 55 milioni di anni fa e ancora oggi questa, considerata una delle più belle ed imponenti conifere europee, estende il suo areale (Orofita Sud-Europeo) da un nucleo principale alpino-centroeuropeo (Alpi, Giura, Selva Nera) che si irradia fino ai Sudeti ed ai Carpazi, ai Balcani, fino a contatto con l’areale dell’Abies cephalonica, sino all’Aspromonte, alla Corsica, l’Alvernia ed i Pirenei.
Il nome classico del genere usato sin dai tempi di Virgilio pare derivi dalla radice sanscrita “abh”, sgorgare, per la resina che scende lungo la corteccia dei tronchi, altri Autori lo collegano al latino “abire”: andarsene, andare lontano, forse inteso come allontanarsi dal terreno, per la notevole altezza raggiunta dagli alberi che appartengono a questo genere.
Lo specifico “alba”, dal latino “album”: bianco, si riferisce alla corteccia grigio-biancastra e alle foglie appiattito-aghiformi che hanno due strisce bianche longitudinali inferiormente.
È la specie più ricercata per fare l’albero di Natale, seguita dall’Abete rosso o Pèccio (Picea abies).
L’abete bianco è un albero di prima grandezza che raggiunge altezze notevoli da 40 a 60 (75) metri e diametro di 2-3 m ed una buona longevità (fino a 400 anni, eccezionalmente oltre i 600).
Ha tronco diritto, colonnare, con corteccia liscia cosparsa da vescicole resinose, bianco-cinerea da giovane e poi screpolata in piastre sottili, fino a grigio-nerastra con l’età, secernente resina.
Sistema radicale fittonante con radici oblique, forte e profondo.
Chioma piramidale verde scura con riflessi argentati, di forma conica o quasi cilindrica in bosco, costituita da branche principali con corteccia bruno scura, orizzontali (ascendenti nella metà superiore), in verticilli, e rami secondari distici; rami giovani ocraceo-rossastri, pubescenti, brachiblasti assenti.
Foglie persistenti per diversi anni (mediamente 5-6 fino a 10-12), lineari, flessibili, solitarie, di 1,5-2,5 x 10-20 (30) mm, un po’ ristrette alla base, ottuse all’apice, a sezione piatta, solcate lungo la nervatura centrale, di sopra verde scuro quasi lucide, inferiormente con due linee longitudinali di stomi, bianche.
I forestali indicano le foglie con i termini “aghi di luce” quelli dei rami alti, più esposti, arricciati e rigidi e “aghi di ombra” quelli ombreggiati dei palchi più bassi, tenui e pettinati su due lati dei rami.
Gemme, piccole, isolate o a gruppi di tre, lucenti, non resinose.
Pianta monoica con numerosi strobili maschili giallo-verdastri con squame purpuree, all’ascella delle foglie sulla superficie inferiore dei rametti di un anno; coni femminili maturanti il primo anno, portati per lo più sui rami del terzo superiore della chioma, eretti, da cilindrici a ovoidi, lunghi 10-15 (18) cm e larghi tre, dapprima verdi, indi verde-violaceo e infine viranti al bruno.
Dopo la fecondazione (anemofila) che avviene in aprile-maggio, le squame quando sono mature si disarticolano e cadono dall’asse (persistente) liberando i semi, lunghi 6-9 mm, di colore bianco-giallastro, con ali lunghe il doppio, che vengono dispersi dal vento.
Ogni 3-5 anni, nelle annate cosiddette “di pasciona”, la produzione di polline è molto vistosa, tanto che si parla di “pioggia di zolfo”.
Per la moltiplicazione si raccolgono i coni (o pigne) in settembre-ottobre e si espongono al sole fino alla maturazione e liberazione del seme (6-10 Kg. di seme per ogni 100 Kg di coni).
L’abete bianco cresce nei boschi delle regioni montane nella fascia del faggio (400-1800 m), quando è dominante “possiede una sua suggestiva bellezza: gli altissimi tronchi, che talora raggiungono dimensioni colossali, si innalzano come i colonnati di una severa cattedrale gotica, pervasi da una penombra che sembra indurre al raccoglimento e alla meditazione. Nessun paesaggio forestale era più adatto a far da cornice ai rifugi degli eremiti, alle celle dei monaci e ai grandi e celebratissimi monasteri medievali, quasi a continuazione della più antica tradizione dei boschi sacri dell’antichità classica” (Valerio Giacomini).
Lungo la catena delle Alpi abita la zona montana fra gli 800 ed i 1500 m di quota mentre lungo la catena appenninica scende fino ai margini delle leccete (100-200 m). Le giovani piantine sono sciafile sulle Alpi ed eliofile sull’Appennino.
In Sicilia è presente una specie endemica, affine all’abete bianco: l’abete dei Nebrodi (Abies nebrodensis), che aveva rischiato l’estinzione sulle Madonie e, grazie all’intervento di botanici e forestali è stata moltiplicata e reintrodotta.
Il legno di questo abete, di colore bianco-opaco o gialliccio, con anelli ben distinti e senza durame apparente, è quasi privo di resina (presente solo nella corteccia), di tessitura fine e fibratura diritta, leggero e tenero (densità 440 kg/mc), di facile lavorabilità, discretamente flessibile ma poco resistente agli urti e di scarsa durata anche perché, essendo privo di resina, è facilmente attaccato dagli insetti.
Mediocre per il riscaldamento, trova impiego in falegnameria per tavolame corrente ed imballaggi, se ne fanno fiammiferi e bastoncini per gelati, nell’industria cartaria, soprattutto per la carta da giornale.
I suoi tronchi diritti e privi di nodi, assai elastici in relazione alla densità basale, furono largamente impiegati per alberare i velieri; la corteccia, ricca di tannini così come quella dell’abete rosso (Picea abies), è stata impiegata a lungo nell’industria conciaria ma tale uso, oggi non più conveniente, è stato abbandonato.
Sono spesso coltivate altre specie del genere Abies, soprattutto per ornamento (Abies pinsapo, Abies cephalonica, Abies silicica, Abies grandis, Abies nordmanniana, Abies numidica, ecc.), distinguibili per le caratteristiche delle foglie (acute od ottuse), per le gemme (resinose o meno), per la dimensione delle pigne, per il portamento, ecc.
Nelle fasi giovanili l’abete bianco ha una crescita lenta, tollerando a lungo l’ombreggiamento e in grado di riprendere lo sviluppo in presenza di luce.
È specie mesofila e sciafila che ama il clima subatlantico, relativamente microterma, che esige una costante umidità atmosferica e teme la siccità estiva, preferendo quindi le esposizioni settentrionali.
Ama i suoli profondi e freschi, evita i suoli compatti o con ristagno idrico e preferisce quelli tendenzialmente acidi ma, nel suo areale, cresce bene anche sui substrati carbo- natici.
Le principali avversità riscontrabili nelle abetine sono dovute agli attacchi di vari funghi quali la Armillaria mellea (piante secche in piedi), Heterobasidion annosum subsp. abietinum (piante sradicate perché colpite dal marciume radicale) e Melampsorella caryophyllacearum (cancri del fusto).
Le giovani piante sono molto appetite e fortemente danneggiate dagli ungulati (cervi, caprioli, capre) e ciò, insieme alla forte concorrenza della vigoria del faggio, è fra le cause della continua diminuzione dei boschi di abete bianco.
Spesso le ceppaie degli abeti bianchi abbattuti formano un callo cicatriziale che rimane vivo per molti anni, segno delle connessioni radicali fra i diversi individui (biogruppi).
Negli anni ’70 è stata segnalata una elevata moria di abeti in tutto l’areale della specie con ingiallimenti fogliari e sintomi di invecchiamento precoce, verosimilmente dovuto ad un insieme di cause (variazioni climatiche, inquinamento, stress idrici, ecc.). Tale indebolimento, noto in Germania già all’inizio del secolo scorso col nome di Tannesbernen (letteralmente moria dell’abete bianco) causa con più facilità l’attacco di insetti o di funghi parassiti.
Nelle catene alimentari dei boschi di abete bianco sono presenti numerose specie di animali, dalla martora (Martes martes) predatrice ad uccelli come il picchio nero (Dryocopus martius) divoratore dei pericolosi xilofagi che si nutrono di legno, alla civetta caporosso (Aegolius funereus) che caccia il toporagno alpino (Sorex alpinus). Tra le fronde di abete si osservano spesso le acrobazie della cincia bigia alpestre (Poecile montanus), della cincia dal ciuffo (Lophophanes cristatus) e della cincia mora (Periparus ater), abili ed utilissimi insettivori, volontari nella difesa della salute dei nostri amici alberi.
Sono numerose anche le specie fungine che creano simbiosi con l’abete bianco come l’ottimo Hygrophorus marzuolus noto come “marzuolo” o “dormiente”, Hygrophorus pudorinus, Russula ochroleuca, Lactarius salmonicolor, ecc.
La resina dell’abete bianco costitu- isce la trementina di Strasburgo o di Alsazia: un liquido denso, sciropposo, trasparente, con odore balsamico gradevole simile a quello della trementina e del cedro, utile nelle affezioni delle vie respiratorie.
Essa contiene un olio essenziale, acido abietinico, terpeni e sostanze amare che gli conferiscono proprietà espettoranti, sudorifere, antireuma- tiche, diuretiche, antispasmodiche e antisettiche. Si utilizzano anche le gemme, raccolte in primavera, che contengono limonene, pinene, piccole quantità di resina, e le foglie (tutto l’anno) con l’essenza, il glucoside piccina e provitamina A. Sia i rametti di piante adulte, sia il legno e l’estratto integrale sono impiegati nei bagni vegetali stimolanti.
Nelle notti estive calde spesso le foglie, attaccate dagli afidi, si coprono di una sostanza zuccherina (melata) che le api ricercano e grazie a questa producono un ottimo miele denso, molto scuro, amarognolo e balsa- mico.
Sinonimi: Pinus picea L. 1753; Abies taxifolia Duhamel 1755; Abies minor Gilib. (1792); Pinus lucida Salisb.(1796); Abies alba Michx.(1803); Abies vulgaris Poir. (1804); Pinus baldensis Zuccagni (1806); Abies taxifolia Desf. (1809); Peuce abies Rich. (1810); Abies nobilis A. Dietr. (1824); Abies taxifolia Raf. (1836); Picea pectinata (Lam.) Loudon (1838); Abies argentea Chambray (1845); Abies candicans Fisch. ex Endl. (1847); Pinus heterophylla K.Koch (1849); Picea kukunaria Wender. (1851); Abies pectinata var. pendula Carrière (1855); Abies alba var. glauca Gordon (1855); Abies pectinata var. pendula-gracilis Sénécl. (1855); Picea metensis Gordon (1858); Picea rinzi Gordon (1858); Picea pectinata var. pendula (Carrière) Godefroy ex Gordon (1858); Abies pectinata var. columnaris Carrière (1859); Picea pyramidalis Gordon (1862); Pinus abies var. pectinata (Lam.) Christ (1863); Abies rinzii K.Koch (1873); Abies metensis Gordon (1875); Abies miniata Knight ex Gordon (1875); Abies chlorocarpa Purk. ex Nyman (1881); Abies baldensis (Zuccagni) Zucc. ex Nyman (1881); Picea tenuifolia Beissn. (1891); Abies pectinata f. pendula (Carrière) Conw. (1895); Abies alba f. pyramidalis (Carrière) Voss is (1896); Abies alba var. podolica R.I.Schröd. (1899); Abies tenuirifolia Beissn. 1909; Abies alba var. columnaris (Carrière) C.K.Schneid. (1913); Pinus picea f. pendula (Carrière) Voss 1913. Pinus picea f. pyramidalis (Carrière) Voss 1913; Abies alba f. columnaris (Carrière) (1919); Abies alba var. brevifolia Mattf. (1925); Abies alba f. compacta (Parsons) Rehder (1925); Abies alba var. compacta (Parsons) Rehder (1927); Abies pardei Gaussen (1928 pubbl. 1929); Abies duplex Hormuz. ex Beissn. (1930); Abies alba f. pendula (Carrière) Rehder (1949); Abies alba var. pardei (Gaussen) Silba (1990); Abies alba Mill. subsp. Borisii-regis (Mattf.) Kozuharov & N. Andreev (1992); Abies alba subsp. apennina Brullo, Scelsi & Spamp. (2001); Abies alba subsp. pardei (Gaussen) Silba (2008).
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