Testo © Prof. Angelo Messina
Conosciuti comunemente come Pesci cartilaginei, i Chondrichthyes sono una classe, secondo alcuni una superclasse di Gnathostomata, infraphylum di Vertebrati dotati di mascelle articolate e con organi olfattori pari, i cui componenti si distinguono a prima vista dai Pesci ossei (Osteichthyes) per avere la bocca posta in posizione più ventrale e la pinna caudale che generalmente è asimmetrica.
Tipicamente il corpo dei Pesci cartilaginei è ricoperto di piccole scaglie placoidi e le aperture branchiali sono in genere in numero di 5 paia, più raramente 6-7 paia, con la prima apertura che forma uno spiracolo.
Altre peculiarità di questi pesci sono la presenza di una valvola spirale nell’intestino e l’assenza dell’opercolo e della vescica natatoria.
Strutturalmente i pesci cartilaginei si caratterizzano principalmente per avere uno scheletro interno costituito di cartilagini prive sempre di qualsiasi traccia di componenti ossei, da cui il nome.
Questa caratteristica strutturale è rimasta immutata negli ultimi 150 milioni di anni, e consente a questi pesci di essere più leggeri e ne favorisce il galleggiamento.
La storia evolutiva dei Chondrichthyes è di difficile ricostruzione per la carenza di resti fossili dovuta alla rapida dissoluzione del loro scheletro di cartilagine. Gli unici resti fossili che sono stati trovati risalgono a 450 milioni di anni fa, al Devoniano (Paleozoico). La riproduzione di questi animali è quella sessuale con fecondazione interna e generalmente, i maschi hanno le pinne pelviche trasformate in organi copulatori (missopterigi o pterigopodi).
Il dimorfismo sessuale è variamente accentuato e di solito i maschi sono più piccoli delle femmine; in alcuni la differenza tra i due sessi è molto marcata come nelle Chimere (Holocephali) in cui i maschi portano sul capo un’appendice dentellata con la quale si afferrano alla femmina durante l’accoppiamento.
I Pesci cartilaginei comprendono specie ovipare, ovovivipare ed anche vivipare.
A causa del fatto che questi pesci per la maggior parte partoriscono un modesto numero di nati e in concorso con le conseguenze negative dovute all’attività di pesca e alla sottrazione di habitat, la maggior parte delle specie sono attualmente considerate ad elevato rischio di estinzione.
I Chondrichthyes comprendono oltre un migliaio di specie diverse, comunemente indicate con i nomi di Squali, Razze e Chimere, distribuite nelle sottoclassi degli Elasmobranchia e degli Holocephali.
Sottoclasse ELASMOBRANCHIA
Così detti per avere le branchie a lamine, e chiamati anche con i nomi di Condropterigi, costituiscono una sottoclasse di Pesci cartilaginei.
Agli Elasmobranchi vengono attribuite specie in cui tipicamente il capo si prolunga anteriormente in un rostro e con la bocca, armata di denti disposti in più serie, che si apre in posizione ventrale.
Altre caratteristiche del gruppo sono il corpo ricoperto di piccole scaglie placoidi, la presenza di 5-7 paia di fessure branchiali che comunicano con l’esterno in modo individuale e la pinna caudale che è rigida.
Come tutti i Pesci cartilaginei, gli Elasmobranchia sono privi di vescica natatoria e riescono a mantenere l’assetto mediante i grandi fegati di cui sono provvisti e che contengono notevoli quantità di olio. Infatti, controllando, attraverso la produzione e il riassorbimento, il contenuto di olio e le dimensioni del loro fegato, gli Elasmobranchia sono in grado di compensare la spinta di galleggiamento così come la loro riserva energetica in caso di mancanza di cibo.
Di origine molto antica, ritrovamenti fossili ne testimonierebbero la presenza già nel Paleozoico oltre 450 milioni di anni fa, gli Elasmobranchia presentano alcune caratteristiche che hanno raggiunto livelli evolutivi superati solo da pochi altri vertebrati attuali. Nel contempo, la loro anatomia di base mantiene ancora diversi elementi di primitività.
Anche a livello molecolare, in questi animali coesistono parecchie particolarità ancestrali assieme a sistemi evoluti, come quello del sistema immunitario che, anche se diverso, è paragonabile a quello dei mammiferi.
Dotati di un olfatto particolarmente acuto e di una vista che ha sviluppato meccanismi di notevole efficacia per la visione a basse intensità luminose, alle quali per l’uomo sarebbe impossibile vedere, gli Elasmobranchia comprendono specie particolarmente aggressive che rappresentano un reale pericolo per l’uomo.
Animali per la quasi totalità marini, questi pesci sono diffusi ovunque, maggiormente nei mari caldi ma anche in quelli temperati come il Mar Mediterraneo nelle cui acque sono state individuate una settantina di specie.
Sulla sistematica degli Elasmobranchia attuali non c’è identità di vedute tra gli specialisti, anche a seguito della carenza di dati, soprattutto fossili.
Comunque, diversi studiosi sulla base di un attento esame comparativo della struttura del cranio, distribuiscono le circa 700 specie ad oggi note nei superordini di Selachimorpha, Galeomorpha, Batoidea e Squatinomorpha e dei quali in questa sede ci limiteremo a fornire sinteticamente i principali elementi rappresentativi.
Superordine SELACHIMORPHA
Comunemente conosciuti con i nomi di Pescecani o Squali, i Selachimorpha sono Pesci cartilaginei (Chondrichthyes) che comprendono specie con il corpo tipicamente affusolato, il capo appuntito e la bocca provvista di mascelle forti e dotate di una grande apertura in relazione alle loro abitudini predatorie.
Di solito gli occhi sono provvisti di membrana nittitante, ad eccezione dei componenti degli ordini Exanchiformes e Lamniformes che ne sono privi.
La maggior parte degli Squali è dotata di 5 fessure branchiali poste ai lati del capo, ma alcuni ne hanno 6 ed anche 7 come gli Exanchiformes.
Questi pesci possiedono un paio di pinne pettorali ben sviluppate, un paio di pinne pelviche, due pinne dorsali, di cui la prima è tipicamente triangolare e appuntita, una pinna anale ed una pinna caudale con il lobo superiore più sviluppato di quello inferiore (coda eterocerca). Nei maschi, le porzioni apicali della pinna pelvica sono modificate in organi copulatori a forma di sigaro (emipeni), mediante i quali nel corso degli accoppiamenti, attraverso la cloaca, viene introdotto lo sperma all’interno delle vie genitali della femmina realizzando così l’inseminazione interna.
Le dimensioni di questi pesci sono comprese tra quelle dello Squalo pigmeo (Squaliolus laticaudus Smith e Radcliffe, 1912), che non supera i 22 cm, e quelle dello Squalo balena (Rhincodon typus Smith, 1828) che, con una lunghezza massima di 18-20 m ed un peso di oltre 30 tonnellate, è tra i più grandi pesci viventi.
I Selachimorpha attuali comprendono circa 500 specie note che vengono ripartite in diversi ordini dei quali a seguire si danno cenni informativi di carattere generale.
Ordine Hexanchiformes
A parte numerose specie estinte, attualmente quest’ordine, probabilmente il più antico dei Selachimorpha, è rappresentato da appena una decina di specie che si caratterizzano per avere gli occhi privi della membrana nittitante, 6-7 aperture branchiali, quindi in numero superiore a quello degli altri ordini, e una sola pinna dorsale sprovvista di raggi. Comunemente conosciuti come Capochiatti e Squali anguilla, questi pesci hanno dimensioni che variano di molto da specie a specie.
Con appena 1 m di lunghezza, il più piccolo è lo Squalo dal collare sudafricano (Chlamydoselachus africana Ebert e Compagno, 2009), diffuso nelle acque profonde al largo della costa africana che va dall’Angola meridionale alla Namibia meridionale.
Il gigante dell’ordine, con oltre 5 m di lunghezza, è lo Squalo capopiatto (Hexanchus griseus Bonnaterre, 1788), noto anche come Squalo a sei branchie o Squalo vacca, che si rinviene in acque tropicali e temperate.
Altro componente dell’ordine è lo Squalo manzo o Notidano cinereo (Heptranchias perlo Bonnaterre, 1788) diffuso nelle acque tropicali e temperate di quasi tutti gli oceani, Mar Mediterraneo compreso. Si tratta di una specie lunga poco più di 1 m che si caratterizza per la presenza di 7 paia di fessure branchiali.
Ordine Squaliformes
Sono un ordine al quale vengono ascritte forme che si caratterizzano a prima vista per la presenza di cinque fessure branchiali e di due pinne dorsali, spesso precedute da una spina, e per la mancanza della pinna anale. Le dimensioni sono molto varie, da appena una ventina di centimetri a circa 7 m di lunghezza.
Praticamente diffuse in tutti i mari, ove in genere prediligono le acque profonde, le circa 130 specie comprese nell’ordine si rinvengono nei mari tropicali, in quelli temperati fino a quelli freddi artici ed antartici. In relazione alle abitudini abissali, diverse specie presentano adattamenti come occhi grandi e bioluminescenza, come si verifica nei cosiddetti Squali lanterna.
La sistematica dell’ordine non trova gli specialisti d’accordo soprattutto per la sua ripartizione in famiglie. Attualmente all’ordine vengono ascritte 7 famiglie delle quali si citano le seguenti.
Famiglia Dalatiidae
Detti Squali kitefin, costituiscono un taxon la cui composizione è alquanto controversa, soprattutto a livello di sottofamiglie e generi. Alcuni studiosi vi inseriscono con il valore di sottofamiglia anche i Somniosinae e gli Etmopterinae che altri ritengono altrettanti famiglie distinte. Tra le specie attribuite ai Dalaitinae si menzionano le seguenti.
Lo Squalo pigmeo (Euprotomicrus bispinatus Quoy e Gaimard, 1824) è l’unica specie del genere, con una lunghezza media di circa 25 cm per le femmine e di 22 cm per i maschi, è tra gli squali più piccoli.
Animale ovoviviparo, partorisce 8 piccoli per cucciolata, ha una distribuzione circumglobale e si rinviene in acque da subtropicali a temperate.
Lo Squalo sigaro (Isistius brasiliensis Quoy e Gaimard, 1824), noto localmente anche come Squalo stampo da biscotti o Squalo tagliatore, è una specie di piccole dimensioni, mediamente misura sui 50 cm, diffusa in tutte le acque oceaniche tropicali, ove si spinge a profondità anche superiori a 3500 m. In relazione alle sue abitudini abissali, ha occhi grandi e la superficie ventrale del corpo provvista di fotofori.
Famiglia Somniosidae
Da alcuni ritenuti una sottofamiglia dei Dalatiidae, sono noti con il nome comune di Squali dormienti. Comprendono poco meno di una ventina di specie per la maggior parte di dimensioni comprese tra 70 e 140 cm, ad eccezione dello Squalo della Groenlandia (Somniosus microcephalus Bloch e Schneider, 1801). Conosciuto anche con i nomi di Squalo artico o Squalo grigio, è un pesce di grandi dimensioni, può raggiungere i 7 m, ed è originario delle acque prospicienti le coste nordatlantiche dell’Islanda e della Groenlandia.
Le carni di questo pesce sono velenose e se mangiate fresche provocano nell’uomo effetti simili a quelli di una forte ubriacatura. I cani da slitta se alimentati con la carne di questo pesce non sono in grado di stare in piedi. Ciononostante, nei paesi nordici la carne di questo squalo viene consumata dai locali dopo lunga bollitura oppure seccata e lasciata fermentare per alcuni mesi, ottenendo il cosiddetto hákarl.
In Groenlandia e in Islanda i locali ottengono carni considerate una prelibatezza da pesci seppelliti in terreni boreali e lasciati esposti a vari cicli di congelamento e scongelamento.
Famiglia Etmopteridae
Considerati in alcune classificazioni una sottofamiglia dei Dalatiidae, sono indicati con il nome di Squali lanterna per la caratteristica comune a quasi tutte le specie che vi afferiscono di avere il corpo ornato di numerosi fotofori che formano strisce e puntini luminosi (bioluminescenza), disposti soprattutto attorno alla bocca e lungo i fianchi, che hanno la funzione attrarre piccole prede nell’oscurità quasi completa. La famiglia comprende poco più di 40 specie tra cui lo Squalo lanterna nano (Etmopterus perryi Springer e Burgess, 1985), forse tra i più piccoli rappresentanti dell’ordine, con il maschio che misura poco più di 15 cm e la femmina che non supera i 20 cm. È uno squalo che vive al largo delle coste di Venezuela e Colombia ove nuota in acque profonde tra i 250 e i 450 m.
Famiglia Squalidae
Conosciuti con il nome di Squali palombo, Squali pescecane e Spinarolo, comprendono specie le cui dimensioni in genere raggiungono 100 cm di lunghezza nei maschi, 125 cm nelle femmine. Allo stato la famiglia è ripartita in due generi distinti, Squalus con 34 specie e Cirrhigaleus, con appena 3 specie.
Lo squalo più noto della famiglia è lo Spinarolo (Squalus acanthias Linneo, 1758), pesce che vive sui fondali, abitualmente oltre i 200 m di profondità, delle zone costiere dei mari temperati di tutto il mondo. Le dimensioni medie di questo squalo oscillano tra un metro ed un massimo di un metro e sessanta, con un peso che può arrivare anche a 10 kg. Il capo è relativamente schiacciato con il muso piuttosto allungato e appuntito. Gli occhi sono ben sviluppati e la bocca è larga e provvista di denti abbastanza simili tra loro.
Il nome comune dello Spinarolo è dovuto alla presenza di 2 spine poste in prossimità delle pinne dorsali, collegate a ghiandole velenifere e utilizzate a scopo difensivo. Nell’uomo la puntura dello Spinarolo può provocare forti dolori e solo raramente, un caso di reazioni allergiche, anche la morte.
La colorazione è frequentemente grigiastra, talora con sfumature brunastre oppure verdastre; sui fianchi sono presenti macchie bianche di solito maggiormente evidenti negli animali giovani.
Animale ovoviviparo, dopo una lunga gestazione che può durare anche due anni, la femmina partorisce piccoli già formati ed autonomi. Lo Spinarolo si nutre di pesci, in genere merluzzi e aringhe, oltre che di invertebrati come molluschi e krill.
Altro componente della famiglia è il Pescecane mandarino (Cirrhigaleus barbifer Tanaka, 1912), specie segnalata per le acque profonde dei mari tropicali e subtropicali.
Ordine Pristiophoriformes
Conosciuti come Squali sega, sono ritenuti un ordine degli Elasmobranchia.
Sono piccoli squali che si caratterizzano per avere il capo anteriormente allungato in un piatto e lungo rostro munito sui margini laterali di protuberanze affilate simili ai denti di una sega e per la mancanza di pinna anale. La bocca porta due lunghi barbigli ed è provvista di denti sottili e di varia lunghezza. Le aperture branchiali, in numero di 5 o 6, sono poste anteriormente alle pinne pettorali.
Gli Squali sega assomigliano morfologicamente ai Pesci sega inclusi nell’ordine Rhinopristiformes (Batoidea) da cui si differenziano per vari caratteri, in particolare la diversa posizione delle branchie che in quest’ultimi sono poste ventralmente, la forma del rostro e quella dei denti.
Ampiamente diffuso nei mari tropicali, ma principalmente nelle acque più calde degli oceani Indiano e Pacifico, l’ordine attualmente è rappresentato da appena 5-6 specie ascritte all’unica famiglia Pristiophoridae e ripartite nei generi Pristiophorus, con 5 branchie, e Piotrema con 6.
Superordine GALEOMORPHA
Riuniscono squali comunemente indicati con il nome di Pescecani, che si distinguono per presentare il corpo generalmente fusiforme, con due pinne dorsali sprovviste di spine e 5 aperture branchiali. Ad eccezione di qualche specie, gli spiracoli si aprono si lati del capo.
I Pescecani hanno dimensioni molto varie, da appena 1 metro di lunghezza sino a forme gigantesche, oltre i 18 m dello Squalo balena, che sono le maggiori tra tutti i pesci. La riproduzione è ovovivipara.
Per la maggior parte diffusi nei mari tropicali, mentre alcuni si rinvengono in tutti i mari e pochi sono adattati alla vita in acque dolci, i Galeomorfi riuniscono oltre 300 specie per la maggior parte ascritte all’ordine Carcharhiniformes. Altri ordini sono Heterodontiformes, Lamniformes e Orectolobiformes.
Ordine Carcharhiniformes
Rappresentano il gruppo con il maggior numero di specie, poco meno di 300, che si caratterizzano per la presenza della membrana nittitante su ciascun occhio, per la posizione delle pinne pettorali situate decisamente dopo le cinque fessure branchiali. Inoltre, presentano due pinne dorsali ed una pinna anale.
Questi Pescecani hanno dimensioni molto diverse che variano da una lunghezza di una settantina di centimetri nello Squalo affilato australiano, ad oltre 5 m nello Squalo tigre.
Va subito detto che parecchie specie sono difficili da identificare e che recenti studi sul DNA hanno evidenziato che alcuni raggruppamenti tradizionali non sono monofiletici e che suggeriscono una rivisitazione di carattere sistematico dell’intero ordine.
Diffusi praticamente nelle acque marine di tutto il mondo, solo poche specie sono in grado di risalire il corso dei fiumi, questi squali includono forme molto note, parecchie delle quali vengono indicate come Squali requiem. Questo termine è di etimologia controversa, secondo alcuni derivante dal latino requiem (pace), a parere di altri invece dal francese requin (squalo), altri ancora sempre dal francese reschignier (“sogghignare mentre si scoprono i denti”).
A seguire si forniscono cenni essenziali sui rappresentanti più noti dell’ordine.
Famiglia Galeocerdonidae
Ritenuti da alcuni studiosi una sottofamiglia dei Carcharhinidae, allo stato sono rappresentati unicamente dallo Squalo tigre (Galeocerdo cuvier Péron e Lesueur, 1822), conosciuto anche come Tigre di mare per le strisce scure lungo il corpo che ricordano il mantello di una tigre. Le strisce si attenuano molto con l’età. Di grandi dimensioni, può misurare oltre 5 m e pesare circa una tonnellata, lo Squalo tigre si rinviene in acque tropicali e temperate con maggiore frequenza nella zona centrale dell’Oceano Pacifico.
Di abitudini prevalentemente notturne, questo pescecane è un cacciatore solitario di una grande varietà di animali ed è talmente vorace da inghiottire persino oggetti non commestibili di origine antropica, meritandosi l’appellativo di “mangiatore di spazzatura”. Anche se avviene molto di rado, lo Squalo tigre è ritenuto secondo soltanto allo Squalo bianco negli attacchi mortali nei confronti dell’uomo.
Famiglia Carcharhinidae
Noti anche come squali grigi o squali del reef costituiscono una famiglia che secondo alcuni studiosi raggruppa 12 generi ai quali vengono ascritte buona parte delle specie dell’ordine, alcune delle quali sono aggressive per l’uomo.
Il genere più ricco di specie è Carcharhinus del quale si ricordano le seguenti.
Lo Squalo leuca (Carcharhinus leucas Müller e Henle, 1839), chiamato anche Squalo zambesi o Squalo toro in riferimento alla sua forma tozza con il muso corto e appiattito e al comportamento imprevedibile e aggressivo, è specie che predilige le acque calde e poco profonde delle zone costiere di tutto il mondo; diversamente dalla maggior parte degli altri squali è in grado di risalire il corso dei fiumi. È considerato tra gli squali più pericolosi per l’uomo.
Lo Squalo longimano o Squalo alalunga (Carcharhinus longimanus Poey, 1861) è un pesce di circa 4 m di lunghezza che si distingue per le pinne lunghe ed arrotondate a punta bianca, da cui anche il nome di Squalo pinna bianca oceanico; per tale caratteristica è spesso confuso con lo Squalo pinna bianca del reef (Triaenodon obesus).
Diffuso nei mari tropicali e temperati caldi, è un pescecane aggressivo che costituisce uno dei maggiori pericoli per i sopravvissuti a incidenti navali o aerei.
Attualmente il numero di Squali longimano è diminuito sensibilmente a seguito di un aumento dell’attività di pesca nei suoi confronti per le sue pinne che sono molto ricercate come ingrediente principale della famosa zuppa di pinne di squalo.
Lo Squalo grigio del reef (Carcharhinus amblyrhynchos Bleeker, 1856) è il rappresentante dell’ordine tra i più comuni delle acque Indopacifiche, dal Mar Rosso al Sudafrica, ove predilige vivere in acque in prossimità di isole e barriere coralline.
Animale di piccola taglia, di solito non arriva ai 2 m di lunghezza, con muso largo ed arrotondato ed occhi grandi, questo squalo si caratterizza per presentare la prima pinna dorsale di un colore uniforme oppure con una macchia biancastra sulla punta, a differenza delle altre pinne che hanno la punta nera.
È alquanto simile nell’aspetto al congenere Squalo pinna nera del reef da cui se ne differenzia per la macchia sulla pinna dorsale. Nonostante le modeste dimensioni, la specie è responsabile di numerosi attacchi ad esseri umani.
Oggetto di pesca intensa, questi squali sono considerati a rischio sia per il loro basso tasso di riproduzione sia per la riduzione dell’habitat.
Lo Squalo pinna nera del reef (Carcharhinus melanopterus Quoy e Gaimard, 1824) è una delle specie di Carcariniformi maggiormente diffusa nelle barriere coralline delle acque tropicali degli oceani Indiano e Pacifico, ove predilige le acque costiere poco profonde, con fondali sabbiosi o piattaforme coralline.
Animale di media lunghezza, in genere sul metro e mezzo, è spesso confuso con le specie congeneri Squalo orlato (Carcharhinus limbatus Müller e Henle, 1839) e Squalo grigio del reef (Carcharhinus amblyrhynchos Bleeker, 1856), dalle quali si distingue per la presenza di vistose macchie nere all’estremità delle pinne, in particolare della prima dorsale e di quella caudale.
Raramente pericoloso per l’uomo, lo Squalo pinna nera del reef non è ritenuto importante dal punto di vista commerciale anche se la sua carne viene utilizzata assieme alle pinne ed all’olio di fegato.
La specie è considerata vulnerabile a causa della pesca eccessiva, del suo basso tasso riproduttivo e del degrado del suo habitat.
Lo Squalo grigio dei Caraibi (Carcharhinus perezi Poey,1876), diffuso nelle acque tropicali dell’Atlantico occidentale è molto comune nelle acque del Mar dei Caraibi. Lungo mediamente 3 m, è maggiormente frequente nella barriera corallina ove rappresenta uno dei più grandi predatori soprattutto di pesci e cefalopodi.
Lo Squalo spinner (Carcharhinus brevipinna Müller e Henle, 1839) è un pescecane che mediamente raggiunge lunghezze di circa 3 m. Ha corpo snello con il muso allungato e presenta la caratteristica di avere le pinne ornate da macchie nere sulle punte. Animale in genere gregario, si rinviene in acque costiere e di mare aperto, con preferenza sui fondali poco profondi.
Abile predatore si nutre di una varietà di molluschi cefalopodi e di pesci ossei. La sua abitudine di cacciare passando velocemente attraverso i banchi di pesci ruotando intorno al proprio asse e portandosi parzialmente fuori dall’acqua gli ha fatto meritare l’appellativo inglese di “Spinner shark”.
Lo Squalo spinner è segnalato praticamente nelle acque di tutti gli oceani e pare che esemplari provenienti dall’oceano Indiano siano arrivati anche nel Mediterraneo attraverso il canale di Suez.
Tuttavia, allo stato l’effettivo areale di questa specie non è definibile con certezza in considerazione del fatto che, anche a causa della incertezza dei caratteri diagnostici, spesso viene confusa con altre specie ed in particolare con lo Squalo orlato o Squalo pinna nera minore (Carcharhinus limbatus Müller e Henle, 1839). Oggetto di pesca per la notevole importanza dal punto di vista commerciale, per la carne, per l’olio del fegato e la pelle, lo Squalo spinner è anche preda ambita di pescatori sportivi.
Lo Squalo dal naso nero (Carcharhinus acronotus Poey, 1860), detto anche Carcarino, è un piccolo pescecane che solitamente misura oltre il metro di lunghezza. Ha corpo snello, con un muso allungato ed arrotondato che presenta una tipica macchia nera sulla punta. Il Carcarino vive abitualmente nelle acque tropicali e subtropicali dell’oceano Atlantico, in ambienti generalmente caratterizzati da fondali sabbiosi, sassosi o ricoperti di alghe. Animale poco aggressivo per l’uomo, è considerato a rischio a causa dell’eccesso di pesca a cui è sottoposto.
Ed ancora, tra i componenti più noti della famiglia non va dimenticato lo Squalo azzurro o Verdesca (Prionace glauca Linneo, 1758), così detto per la colorazione blu scura sul dorso, mentre sui fianchi e ventralmente è biancastra. Conosciuto anche con il nome di Verdesca, questo squalo ha il capo appuntito con bocca ampia e armata di denti aguzzi e triangolari. Il corpo è affusolato e nei maschi può quasi arrivare ai 3 m di lunghezza, mentre nelle femmine può arrivare a 3,5 m ed anche superarli. Tipicamente la pinna caudale presenta il lobo superiore è notevolmente più sviluppato di quello inferiore, circa 4 volte.
Vive di preferenza nelle acque profonde, tropicali e temperate, di tutto il mondo ove può compiere lunghe migrazioni.
Lo Squalo limone (Negaprion brevirostris Poey, 1868) è un pesce di dimensioni di poco inferiori ai 3 m che deve il nome con cui è comunemente indicato alla colorazione bruno-giallastra, come la buccia di un limone, del dorso; il ventre è biancastro. È diffuso nelle acque aperte e salmastre dell’Atlantico occidentale ed orientale e in quelle del Pacifico orientale.
Lo Squalo pinna bianca del reef (Triaenodon obesus Rüppel, 1837), unico componente del genere, è uno squalo di piccole dimensioni, in genere misura sui 150 cm di lunghezza, ed è segnalato nelle acque degli oceani Indiano e Pacifico come una tra le specie più comuni delle barriere coralline.
La specie si caratterizza per il corpo slanciato, con il capo corto ma largo, provvisto di due tipiche appendici dermiche di forma tubulare poste in prossimità delle narici. Le pinne dorsale e caudale hanno i margini bianchi.
Di abitudini notturne, questo pescecane si nutre predando prevalentemente molluschi, crostacei e pesci; solo raramente diventa aggressivo nei confronti dell’uomo. Come tante altre specie dell’ordine, le popolazioni dello Squalo pinna bianca sono progressivamente impoverite come numero di esemplari soprattutto a seguito dell’aumento delle attività di pesca per cui la specie è attualmente ritenuta vulnerabile.
Famiglia Leptochariidae
Sono rappresentati da un solo genere con l’unica specie comunemente indicata con il nome di Squalo segugio dai barbigli (Leptocharias smithii Müller e Henle, 1839). Questo pesce è noto anche con altri nomi, come Palombo atlantico, Palombo barbuto o Carcarino.
È un squalo di piccole dimensioni, mediamente sugli 80 centimetri di lunghezza, che si riconosce per la presenza di appendici dermiche che si dipartono dalle narici, da cui uno dei nomi con cui viene solitamente chiamato. I maschi di questa specie si distinguono a prima vista dalle femmine per presentare i denti che si sviluppano in una zanna anteriore molto allargata.
È segnalato per le acque dell’oceano Atlantico orientale, dalla Mauritania fino alla Namibia, ove frequenta i fondali fangosi e le foci di fiumi.
Famiglia Scyliorhinidae
Gli Squali gatto e Squali gattuccio sono i nomi con cui sono comunemente chiamate le numerose specie, oltre 150, comprese nella famiglia Scyliorhinidae. Il nome comune di questi pesci è dovuto alla forma allungata degli occhi che ricordano quelli di un gatto.
Il corpo di questi piccoli squali è ornato di strisce o semplici macchie e presenta due piccole pinne dorsali situate molto indietro sul corpo.
La maggior parte delle specie sono di minute dimensioni, solitamente non più di 80 cm di lunghezza e solo eccezionalmente superano i 150 cm Tra le tante specie attribuite alla famiglia, diffusa praticamente in tutti i mari tropicali e temperati, vanno menzionate le seguenti specie.
Il Gattopardo o Gattuccio maggiore (Scyliorhinus stellaris Linneo 1758), è tra le specie della famiglia di maggiori dimensioni misurando anche 1,7 m di lunghezza. Il corpo di questo squalo è di colore marrone chiaro con macchioline puntiformi brune e giallastre. Vive nelle acque del Mediterraneo e dell’oceano Atlantico orientale, dalla Guinea fino al Mare del Nord, ove si rinviene sui fondali rocciosi, praterie di alghe e zone coralline a bassa e media profondità.
Il Gattuccio (Scyliorhinus canicula Linneo, 1758) è lo squalo più diffuso nel Mar Mediterraneo e si trova anche lungo le coste orientali dell’oceano Atlantico, dalla Guinea fino al Mare del Nord e al Mar Baltico e dubitativamente anche nel Mar Nero. Ha livrea simile a quella del Gattuccio maggiore con colore di fondo beige puntinato di bruno e giallastro, ma presenta macchie più fitte e minute. Le due specie sono largamente pescate e commercializzate in tutta Europa.
Famiglia Sphyrnidae
Sono una famiglia che riunisce un gruppo di specie comunemente note come Squali martello che debbono il loro appellativo alla struttura del capo che si presenta insolitamente appiattito ed esteso lateralmente assumendo una tipica forma a martello o cephalofoil.
Di dimensioni variabili da poco meno di 2 m sino a 4 m, gli Squali martello hanno gli occhi posti alle due estremità laterali dell’estensione del capo che consentono una ottima visione stereoscopica a 360 gradi.
Si ipotizza che l’insolita configurazione del capo, con il fatto che ne aumenta considerevolmente la superficie e la sua particolare ricchezza di ampolle di Lorenzini, sia da mettere in relazione con le notevoli capacità di questi animali di orientarsi per mezzo del campo magnetico terrestre e di percepire anche i deboli campi elettrici prodotti da altri organismi viventi. Il notevole sviluppo del senso dell’odorato contribuisce a fare di questi squali dei formidabili predatori.
Di abitudini prevalentemente notturne, gli Squali martello sono diffusi nei mari di tutto il mondo dove si trattengono maggiormente nelle calde acque costiere e sulle piattaforme continentali.
Attualmente la famiglia annovera una decina di Squali martello che, con l’eccezione dello Squalo testa alata che è l’unico rappresentante del genere Eusphyra, vengono ascritti tutti al genere Sphyrna. Tra le specie della famiglia vanno ricordate le seguenti.
Lo Squalo martello smerlato (Sphyrna lewini Griffith & Smith, 1834) è un animale di grandi dimensioni (oltre 4 m di lunghezza per un peso che può raggiungere i 300 kg), che popola le acque costiere tropicali e subtropicali di tutti gli oceani, compreso il Mediterraneo, ove predilige le baie e gli estuari.
Il Pesce martello maggiore (Sphyrna mokarran Rüppel, 1837) è uno squalo di grandi dimensioni, può misurare anche 6 m di lunghezza, che si caratterizza per l’ampio cepaloil, con il profilo anteriore quasi diritto ad eccezione di una corta rientranza centrale. Il corpo presenta una colorazione grigio-bruna sulle parti dorsali, chiara su quelle ventrali.
La prima pinna dorsale è alquanto alta e appuntita, con il margine posteriore arcuato. Si rinviene in quasi tutti i mari caldi temperati e tropicali con maggiore frequenza nelle zone costiere. Con l’approssimarsi della stagione estiva, questo squalo è solito intraprendere lunghe migrazioni verso acque più fredde. A causa della sua imponente mole e della sua aggressività, è probabilmente il più pericoloso tra gli squali martello.
Lo Squalo dal cappello (Sphyrna tiburo Linneo, 1758 ), è il più piccolo componente del genere, essendo mediamente lungo sui 90 cm e solo eccezionalmente può misurare sino a 150 cm. Caratterizzato dal martello che è più piccolo rispetto a quello delle altre specie congeneri, è conosciuto anche con il nome di squalo testa di pala per via del capo che è conformato appunto a pala. Tra l‘altro questa specie, a differenza degli altri squali, si distingue per un evidente dimorfismo sessuale che riguarda la morfologia del capo.
Infatti, nell’età adulta, le femmine hanno il capo liscio e ampiamente arrotondato, mentre i maschi, a seguito dall’allungamento delle cartilagini del rostro, presentano un evidente rigonfiamento del margine anteriore del martello. È specie diffusa nelle acque costiere di entrambi i lati del continente americano ove frequenta anche estuari e baie con fondali fangosi e sabbiosi. Nell’Atlantico settentrionale si rinviene sino al Golfo del Messico e al Brasile. Nelle acque del Pacifico la specie è comune dal sud della California sino al nord del Perù.
Questo singolare squalo si caratterizza ancora per essere l’unica specie nota dell’ordine ad avere abitudini alimentari onnivore.
Lo Squalo testa alata (Eusphyra blochii Cuvier,1816), solitamente lungo poco meno di 2 m e con la prima pinna dorsale alta e falciforme, deve il nome comune al suo “martello (cephalofoil)” notevolmente sviluppato in senso laterale, che può raggiungere la metà della lunghezza totale dello squalo.
Le narici sono molto ampie e si aprono sul margine anteriore del cephalofoil e probabilmente contribuiscono ad una migliore rilevazione e percezione delle tracce di odore nell’acqua. L’areale di questo pesce comprende le acque tropicali degli oceani Indiano e Pacifico, dal Golfo Persico sono a Taiwan ove frequenta abitualmente le zone costiere, estuari e baie. Questa specie, innocua per l’uomo, è ampiamente pescata per le carni, di discreto valore commerciale, per ricavarne olio di fegato di alto valore nutrizionale e farina di pesce.
Famiglia Triakidae
Altri rappresentanti dell’ordine Carcharhiniformes vengono inclusi in questa famiglia che accomuna specie con gli occhi di forma ovale e dotati di membrana nittitante, con le 2 pinne dorsali prive di spine e che presentano la pinna anale.
Delle circa 40 specie attribuite ai Triakidae quelle maggiormente note sono due squali le cui dimensioni si aggirano sui 2 m di lunghezza.
Il Palombo comune (Mustelus mustelus Linneo, 1758) o Palombo liscio, è specie che si rinviene sulla piattaforma continentale dell’oceano Atlantico orientale e nel Mediterraneo.
Il Palombo stellato (Mustelus asterias Cloquet, 1821) è uno squalo di medie dimensioni, in genere lungo circa 100 cm, con il dorso di colore grigio brunastro punteggiato di bianco da cui il nome comune. Vive nelle acque dell’Atlantico orientale e in quelle del Mediterraneo.
Alla famiglia viene ascritto anche lo Squalo leopardo (Triakis semifasciata Girard, 1855), così detto per la caratteristica livrea che sulle parti ventrali è bianca mentre il resto del corpo è di colore grigio variamente sfumato. Le parti dorsali sono ornate da una serie di larghe macchie ovoidali brune marginate di scuro che si alternano a piccole macchie tondeggianti dello stesso colore, mentre i fianchi sono segnati da una linea orizzontale di grosse macchie brune.
Lo squalo leopardo è diffuso nelle acque temperate e fredde dell’Oceano Pacifico nordoccidentale, ove si rinviene di preferenza in acque costiere di estuari e baie con fondali sabbiosi e fangosi.
Ordine Heterodontiformes
Vengono considerati un ordine, secondo alcuni studiosi invece un sottordine, di squali che mantengono caratteristiche di primitività, quali la presenza di una robusta spina che precede ciascuna delle due pinne dorsali e l’oviparità.
Comunemente sono chiamati Squali testa di toro per la struttura massiccia del corpo, con il capo tozzo dal muso arrotondato, le cui dimensioni in genere non superano i 150 cm. La regione addominale si presenta notevolmente appiattita.
La bocca, posta all’estremità del muso e in posizione anteriore rispetto agli occhi, ha il labbro superiore orlato di lobi cutanei. I denti, disposti in serie successive, sono numerosi e di forma varia, da cui il nome di Heterodontiformes.
I denti centrali sono piccoli e appuntiti, mentre quelli laterali sono grandi e piatti, molariformi, atti a triturare le conchiglie di molluschi e il carapace di crostacei, animali di cui questi squali prevalentemente si nutrono. Gli Squali testa di toro sono rappresentati da una decina di specie, tutte ascritte all’unico genere Heterodontus, diffuse sui fondali di acque tropicali e subtropicali degli oceani Pacifico e Indiano.
Tra le specie più note sono lo Squalo di Port Jackson (Heterodontus portusjacksoni Meyer, 1793) segnalato per le regioni costiere dell’Australia meridionale, lo Squalo testa di toro giapponese (Heterodontus japonicus Miklouho-Maclay e MacLeay, 1884), proprio delle acque costiere del Giappone, lo Squalo cornuto del Pacifico (Heterodontus francisci Girard, 1855) e lo Squalo cornuto crestato (Heterodontus galeatus Günther 1870), diffuso nelle acque dell’Australia orientale.
Ordine Lamniformes
Rappresentano un ordine che riunisce specie di squali dal corpo fusiforme e caratterizzate da particolarità morfologiche e comportamentali molto diverse tra loro. Mancano di membrana nittitante ed hanno una grande bocca che si estende anche dietro gli occhi. Tutti i componenti dell’ordine presentano cinque paia di fessure branchiali, due pinne dorsali e una pinna anale.
Sono squali di dimensioni medio-grandi la cui lunghezza varia da circa 3 m ai 10 m ed anche più dello Squalo elefante. Componenti di spicco degli ecosistemi oceanici durante il Cretaceo, epoca in cui raggiunsero la loro massima diversità, i Lamniformes subirono successivamente una forte riduzione durante l’estinzione di massa del Cretaceo-Paleocene (circa 66 milioni di anni fa) che determinò la scomparsa di molte specie di vegetali e animali, tra cui i dinosauri.
Oggi, delle centinaia di specie con cui in quell’epoca gli antenati degli attuali Lamniformes popolavano tutti i mari, restano poco meno di una ventina di specie viventi raggruppate in 7 famiglie. Oltre al gruppo di specie conosciute con il nome di Squali sgombro, dell’ordine vanno ricordati anche gli Squali toro, lo Squalo goblin, lo Squalo megamouth e lo Squalo bianco. Alcune specie sono pericolose per l’uomo.
Famiglia Odontaspididae
Costituiscono una famiglia di squali Lamniformi le cui specie si caratterizzano per la forma ampia dei loro denti, da cui il nome scientifico. Noti comunemente con i nomi di Squali toro (Carcharias) e Squali cagnaccio (Odontaspis) , sono pesci di grossa mole, oltre 3 m di lunghezza, e si rinvengono in acque costiere tropicali e temperate di tutti i mari, Mar Mediterraneo compreso.
Lo Squalo toro (Carcharias taurus Rafinesque, 1810) è diffuso nelle acque costiere di tutto il mondo, e lo Squalo toro indiano (Carcharias tricuspidatus Day, 1878) si rinviene prevalentemente nell’Oceano Indiano. In entrambi i casi sono due grossi predatori le cui dimensioni possono superare la lunghezza di 3,5 m.
Famiglia Mitsukurinidae
Costituiscono una famiglia alla quale viene ascritto un solo genere vivente con l’unica specie, lo Squalo goblin (Mitsukurina owstoni Jordan, 1898). Conosciuto anche come Squalo folletto, questo pesce si distingue principalmente per il muso allungato in un lungo rostro che assomiglia ad un becco, con le mascelle lunghe e protrudibili. Il corpo è di colore quasi uniformemente rosa.
Lo Squalo goblin vive negli abissi oceanici dei mari di tutto il mondo, in particolare del Giappone.
Famiglia Pseudocarchariidae
Comprendono pesci di profondità, di cui si conosce soltanto lo Squalo coccodrillo (Pseudocarcharias kamoharai Matsubara, 1936). Si tratta di una specie della quale si hanno scarse informazioni sia sulle caratteristiche morfologiche, sia sulla sua reale distribuzione. È segnalata soprattutto per l’Oceano Pacifico, ma anche per l’oceano Indiano nord-occidentale e per l’oceano Atlantico orientale.
Famiglia Megachasmidae
Rappresentati soltanto dallo Squalo bocca grande o Megamouth (Megachasma pelagios Taylor, Compagno e Struhsaker, 1983), sono ritenuti una famiglia di Lamniformi. Questa specie deve il proprio nome all’ampia bocca, che può superare anche il metro di larghezza. I denti sono piccoli e disposti in serie, fino a 50 serie nella mascella superiore e fino a 75 in quella inferiore.
Il corpo è robusto, mediamente lungo sui 4 m nei maschi e 5 m nelle femmine, con un capo bulboso, lungo e largo. La coda è asimmetrica con un lungo lobo superiore, che ricorda quella dello squalo volpe. In relazione alle abitudini alimentari planctivore, questo squalo presenta l’interno delle sue fessure branchiali rivestito da rastrelli branchiali.
La specie è stata rinvenuta nelle acque temperate e tropicali degli oceani con maggiore frequenza in quelle del Pacifico occidentale, a profondità comprese tra 5 e 1.500 m.
Famiglia Alopiidae
Sono una famiglia di squali Lamniformi alla quale viene attribuito unicamente il genere Alopias. Si tratta di un genere frazionato in 3 specie comunemente note con il nome di Squali volpe per la caratteristica pinna caudale eterocerca con il lobo superiore notevolmente allungato che ricorda la coda di una volpe.
Sono squali le cui dimensioni variano dai 3 ai 6 m di lunghezza, con corpo fusiforme di colore bruno-bluastra sulle parti dorsali e più chiara in quelle ventrali; le due pinne dorsali sono piccole e quelle pettorali falciformi.
Al pari dei delfini, gli Squali volpe sono in grado di compiere balzi al di sopra della superficie dell’acqua.
Di abitudini solitarie, sono diffusi nei mari tropicali e temperati ove preferiscono le acque costiere aperte.
Utilizzando la caratteristica coda anche per stordire e sopraffare le prede, gli Squali volpe si nutrono di animali che vivono in gruppi, frequentemente calamari e sgombri.
Tra le specie attribuite al genere vanno menzionate le seguenti.
Lo Squalo volpe o Pesce volpe (Alopias vulpinus Bonnaterre, 1788), molto diffuso nei mari tropicali e che con circa 6 m di lunghezza è il più grande del genere.
Lo Squalo volpe pelagico (Alopias pelagicus Nakamura, 1935), segnalato come comune negli oceani Indiano e Pacifico e che con circa 3,5 m di lunghezza è il più piccolo rappresentante del genere.
Lo Squalo volpe occhione (Alopias superciliosus Lowe, 1841), detto anche Squalo volpe occhiogrosso è un pesce lungo poco meno di 5 m, per un peso di 364 kg che presenta una distribuzione circumtropicale ed è stato avvistato nel Mar Mediterraneo, dallo stretto di Gibilterra al Canale di Sicilia.
Famiglia Cetorhinidae
Anche questa famiglia di squali Lamniformi è rappresentata da un solo genere al quale viene ascritto lo Squalo elefante o Cetorino (Cetorhinus maximus Gunnerus, 1765), unica specie vivente. Detto anche Squalo pellegrino, questo squalo deve l’appellativo comune di elefante, oltre che alle sue imponenti dimensioni, 10 m ed anche più, anche al fatto di possedere, nei primi anni di vita, un muso particolarmente allungato e prominente che ricorda una proboscide.
È considerato il secondo più grande pesce attualmente vivente sulla Terra dopo lo Squalo balena (Rhincodon typus Smith, 1828) dell’ordine Orectolobiformeses.
Facilmente riconoscibile per la grande bocca che quando si nutre viene spalancata al massimo e per la pinna dorsale notevolmente sviluppata, lo Squalo elefante si rinviene negli oceani e nei mari temperati. Animale, lento e assolutamente innocuo per l’uomo, questo gigante dei mari si nutre principalmente di plancton, alghe o animali microscopici che ingoia attraverso la grande bocca.
Famiglia Lamnidae
Sono considerati una famiglia dell’ordine Lamniformi che attualmente viene ripartita in 3 generi che raggruppano appena 5 specie delle quali si citano le seguenti. Lo Squalo bianco o Carcaradonte (Carcharodon carcharias Linneo, 1758) è l’unico rappresentante attualmente vivente del genere.
È un pesce di grandi dimensioni, in media circa 4 m nei maschi e 5 m ed anche più nelle femmine, con il muso di forma conica, occhi scuri e rotondi.
La bocca è armata di diverse file di denti particolarmente lunghi e appuntiti come evocato nel nome scientifico.
Oltre ad essere aguzzi, i denti sono anche di forma varia, appuntiti sull’arcata inferiore per azzannare e tenere ferma la preda, triangolari e seghettati su quella superiore atti a dilaniarla.
Tipicamente la prima pinna dorsale dello Squalo bianco è grande e falciforme e si impianta a livello dell’estremità posteriore di quelle pettorali, anch’esse a forma di falce. La seconda pinna dorsale e quella anale sono di piccole dimensioni.
La coda presenta il peduncolo con un’ampia carena su ciascun lato e la pinna caudale è grande e a forma di mezzaluna, con il lobo superiore lievemente più sviluppato di quello inferiore.
Il colore del corpo assume in genere tonalità variabili dal grigio al blu sulle parti dorsali, bianco in quelle ventrali.
Di abitudini pelagiche, lo Squalo bianco è maggiormente frequente nelle acque particolarmente ricche di potenziali prede, quali colonie di foche, otarie e pinguini.
A diffusione praticamente cosmopolita, questo squalo si rinviene nelle acque superficiali costiere di tutti i principali oceani, particolarmente in quelle fredde o temperate, ad eccezione del Mar Baltico e del Mar Nero. Lo Squalo bianco è segnalato anche nel Mar Mediterraneo in cui ha una zona di riproduzione nel canale di Sicilia. Questa specie non è stata riscontrata nei mari artici e antartici.
A riguardo va rappresentato che studi sul patrimonio genetico dello Squalo bianco hanno evidenziato la spiccata similitudine tra le popolazioni mediterranee con quelle australiane, anziché con quelle atlantiche come ci si aspetterebbe. Questi studi avvalorano l’ipotesi che gli squali bianchi del Mediterraneo siano i discendenti di esemplari arrivati dall’Australia oltre 400.000 anni fa attraverso lo Stretto di Gibilterra e che non siano più riusciti ad uscirne.
Lo Squalo mako (Isurus oxyrinchus Rafinesque, 1810) comunemente noto come Mako pinna corta od Ossirina, è specie ampiamente diffusa in tutte le acque tropicali e subtropicali ed è presente anche nel Mediterraneo anche se abbastanza rara.
Di mole medio-grande, in genere misura sui 2,5 m ma può anche arrivare ad una lunghezza di 4 m per un peso totale di oltre 500 kg, questo squalo ha corpo fusiforme segnato da scanalature longitudinali, con le pinne pettorali piccole e la pinna caudale che presenta i due lobi quasi di uguale sviluppo Particolarmente agile e imprevedibile negli attacchi, è abile predatore di pesce azzurro in genere ed anche di tonni ed è considerato tra gli squali più pericolosi per l’uomo.
Come pochi altri squali, in particolare lo Squalo pinna nera del reef e lo Squalo bianco, lo Squalo mako è in grado di compiere salti al di fuori dall’acqua (breaching), persino a 7 m d’altezza dalla superficie. Lo Smeriglio o Vitello di mare (Lamna nasus Bonnaterre, 1788) è uno squalo le cui dimensioni si aggirano sui 3,5 m. Vive nelle acque degli oceani Atlantico, Indiano e Pacifico ed è presente anche nel Mediterraneo, ove si spinge fino alla profondità di 400 m.
Tipicamente lo Smeriglio ha una carena secondaria alla base della coda. Il corpo presenta una colorazione che varia dal grigio-blu al marrone con macchie bianche.
Lo Smeriglio del Pacifico (Lamna ditropis Hubbs e Follett, 1947), più conosciuto come Squalo salmone, è un pesce le cui dimensioni possono raggiungere i 3 m di lunghezza ed i 250 kg di peso. In genere le femmine sono di mole maggiore rispetto a quella dei maschi. La colorazione del corpo è uniforme e varia dal nero al grigio-bluastro sulle parti dorsali, mentre su quelle ventrali è bianca. Attivo, veloce e aggressivo, lo Squalo salmone è un temibile predatore che vive nelle acque fredde settentrionali dell’Oceano Pacifico, dall’Alaska al Mare di Bering fino al Giappone, ove preda principalmente pesci, come aringhe, tonni e salmoni da cui il nome comune di Squalo salmone.
Ordine Orectolobiformes
Considerati da alcuni studiosi un ordine e secondo altri un sottordine, raggruppano squali che si caratterizzano per il corpo allungato, da cui il nome. La bocca, piccola e situata anteriormente agli occhi, è provvista di barbiglio. Le fessure branchiali sono piccole e in numero di cinque, di cui la quinta si sovrappone parzialmente alla quarta. Le due pinne dorsali mancano di spine.
Sono noti anche con il nome di Squali tappeto per il fatto che per la maggior parte hanno il corpo ornato da disegni che evocano le decorazioni dei tappeti. Comprendono circa 40 specie delle quali le più note sono i cosiddetti Squali ciechi, gli Squali nutrice e gli Squali balena.
Famiglia Brachaeluridae
Così detti per la caratteristica di avere le due pinne dorsali ravvicinate tra loro e prive di spine, e la pinna caudale poco sviluppata, sono una famiglia di squali Orectolobiformes.
Vi vengono attribuite 2 entrambe endemiche delle acque costiere e poco profonde del mare dell’Australia sud-occidentale, comunemente conosciute con il nome di Squali ciechi. Tuttavia, nonostante il nome comune, questi squali non sono ciechi essendo provvisti di occhi. Sono squali di piccole dimensioni, in genere di poco superiore ai 50 cm a poco più 1 metro di lunghezza, con due barbigli, con scanalature attorno alle narici e grandi sfiatatoi.
Lo Squalo cieco (Brachaelurus waddi Bloch e Schneider, 1801) si distingue soprattutto per le maggiori dimensioni dallo Squalo tappeto grigio-azzurro o Squalo di Colclough (Brachaelurus colcloughi Ogilby, 1908) che generalmente misura mediamente 50 cm nei maschi e 65 cm delle femmine.
Famiglia Ginglymostomatidae
Costituiscono una famiglia alla quale vengono ascritte specie note come squali nutrice a causa della bocca a forma di cerniera che viene utilizzata come mantice per risucchiare le prede di cui si cibano, quali crostacei, molluschi, pesci.
Sono squali dal corpo appiattito, le cui dimensioni in genere sono comprese da circa 75 cm a oltre 4 m di lunghezza, con muso breve e largo, barbigli di varia lunghezza, grandi solchi nasali e piccoli spiracoli in posizione posteriore agli occhi che si presentano ovali. Presentano due pinne dorsali senza spina e una pinna anale; la coda è molto corta e fortemente asimmetrica.
Animali di abitudini generalmente notturne, se molestati questi squali possono essere pericolosi per l’uomo.
La famiglia è diffusa nelle acque costiere tropicali e subtropicali di tutti gli oceani, con maggiore frequenza sulle barriere coralline in prossimità della riva. Al gruppo vengono ascritte poche specie delle quali le più note sono le seguenti.
La Nutrice o Squalo nutrice (Ginglymostoma cirratum Bonnaterre, 1788) è uno squalo lungo anche poco più di 4 m. Si rinviene in genere nelle acque occidentali dell’oceano Atlantico ed è segnalato anche per il Mediterraneo.
Lo Squalo nutrice del Pacifico (Ginglymostoma unami Del Moral-Flores, Ramírez-Antonio, Angulo e Pérez-Ponce de León, 2015) è proprio delle acque tropicali nell’est del Pacifico.
Lo Squalo nutrice fulvo (Nebrius ferrugineus Lesson, 1831) ha il corpo di forma più slanciata e generalmente lungo 3 m. Si incontra nelle acque costiere tropicali degli oceani Indiano e Pacifico.
Infine, lo Squalo nutrice codacorta (Pseudoginglymostoma brevicaudatum Günther, 1867), lungo meno di 1 metro è segnalato per le acque tropicali occidentali dell’oceano Indiano occidentale.
Famiglia Hemiscylliidae
Detti Squali bamboo (bambù), sono considerati una famiglia di squali Orectolobiformes i cui componenti si caratterizzano per avere il muso più o meno accorciato con le narici poste all’apice del muso stesso o in prossimità. Sono provvisti di corti barbigli e di un grosso sfiatatoio.
Gli Squali bambù hanno il corpo esile ed affusolato, lungo di solito al di sotto dei 120 cm, con la coda generalmente più lunga del resto del corpo.
Sono note poco meno di una ventina di specie riunite in 2 generi delle quali si citano le seguenti.
Lo Squalo bambù bande marroni (Chiloscyllium punctatum Müller e Henle, 1838), chiamato anche Squalo gatto per la presenza di barbigli che rassomigliano a dei baffi, si distingue per la pinna dorsale posteriore che è concava.
Questo pesce si rinviene nelle acque dell’Oceano pacifico occidentale ove predilige la barriera corallina. È considerato a rischio estinzione, a seguito dell’attività di pesca e dell’inquinamento del suo habitat.
Altro squalo bambù è Hemiscyllium galei Allen e Erdmann (2008), pesce di piccole dimensioni, in genere sui 60 cm, conosciuto per la curiosa particolarità di camminare sul fondo utilizzando le pinne.
Vive nella barriera corallina della baia di Cenderawasih sulla costa settentrionale indonesiana.
Lo Squalo spallina di Freycinet (Hemiscyllium freycineti Quoy & Gaimard, 1824) è noto per le acque costiere occidentali della Nuova Guinea.
Lo Squalo tappeto maculato (Hemiscyllium trispeculare Riccardoson, 1843) vive prevalentemente nelle acque del Pacifico occidentale.
Famiglia Orectolobidae
Squali tappeto è il nome con cui vengono spesso comunemente indicate alcune specie attribuite a diverse famiglie dell’ordine Orectolobiformes.
Gli squali attribuiti a questa famiglia si differenziano per la presenza di escrescenze simili a piantine attorno alla bocca e in particolare di disegni mimetici scuri disposti in modo simmetrico sul dorso che ricordano le decorazioni dei tappeti.
Gli Squali tappeto si rinvengono nelle acque poco profonde temperate e tropicali degli oceani Pacifico occidentale e Indiano orientale.
Delle 11 specie ascritte alla famiglia Orectolobidae, le maggiormente conosciute sono le seguenti.
Lo Squalo tappeto maculato o Squalo marmoreggiato (Orectolobus maculatus Bonnaterre, 1788), mediamente lungo 3 m, vive lungo le coste del Giappone, della Cina meridionale e quelle dell’Australia.
Lo Squalo tappeto tassellato (Eucrossorhinus dasypogon Bleeker, 1867), l’unica specie attualmente attribuita al genere, è un pesce lungo un metro o poco più che si rinviene nelle acque occidentali dell’Oceano Pacifico.
Famiglia Parascyllidae
Con il nome di Squali tappeto dal collare vengono invece denominate le specie riunite nella famiglia Parascyllidae. Si tratta di squali con corpo allungato ed affusolato che di solito non arriva al metro di lunghezza. Dotati di barbigli sotto la bocca, questi pesci hanno gli occhi che ricordano a quelli di un gatto, provvisti di membrana nittitante. Allo stato sono note 8 specie di Squali tappeto dal collare, tra cui Parascyllium ferrugineum (McCulloch 1911), endemico dell’Australia meridionale e Parascyllium variolatum (Duméri 1853), anch’esso proveniente dal sud del continente australiano.
Famiglia Rhincodontidae
Compreso anch’esso tra gli squali tappeto, è lo Squalo balena (Rhincodon typus Smith, 1828). L’unica specie della famiglia Rhincodontidae, con i 18,8 m di lunghezza sinora registrati, lo Squalo balena rappresenta il più grande pesce attualmente esistente e il più grande tra i vertebrati non mammiferi viventi.
Il nome comune, oltre alle notevoli dimensioni, si riferisce anche alle sue abitudini alimentari di filtraggio che non sono diverse da quelle delle balene. Infatti, lo Squalo balena presenta una bocca molto grande che, a differenza di molti altri squali si apre nella parte anteriore del capo ed è provvista di un apparato filtrante.
Questo è costituito da numerose file, anche oltre 300, di minuscoli denti e 20 tamponi che consentono all’animale di nutrirsi quasi esclusivamente di plancton e piccoli pesci.
Negli squali, tale modalità di alimentazione si riscontra solo in altre due specie, lo Squalo elefante e lo Squalo Megamouth, entrambi attribuiti ai Lamniformes. Le pinne pettorali dello Squalo balena sono molto ampie e situate sotto alle due ultime fessure branchiali, mentre le due pinne dorsali e quelle pelviche sono di modesto sviluppo.
La pinna caudale presenta i due lobi simili con il superiore leggermente più lungo.
Altra caratteristica dello Squalo balena è la presenza sul corpo di piccole sporgenze poste a scacchiera che spiccano sulla livrea a punti bianchi su fondo blu-verdastro; le parti ventrali sono biancastre.
Malgrado l’apparenza che certamente incute timore, questo gigantesco squalo non rappresenta una minaccia per l’uomo, che può tranquillamente avvicinarlo facendo però attenzione a non essere inavvertitamente urtato dalla sua enorme mole.
Pesce principalmente pelagico, abita tutti i mari tropicali e temperati con temperatura dell’acqua in genere superiore a 21 °C. Frequenta ambienti costieri ed anche di mare aperto, di solito a medie profondità ma che eccezionalmente può immergersi fin quasi a 2000 m.
Animale di abitudini migratorie, periodicamente dà origine ad aggregazioni di alimentazione stagionale in parecchi siti costieri dei quali i più frequentati sono il Golfo Persico e il golfo di Oman, le acque costiere delle Seychelles, dell’India, di Taiwan, della Cina meridionale; ed ancora le acque costiere dell’isola di Darwin nelle Galápagos, quelle della costa orientale della Penisola dello Yucatán in Messico e di Ningaloo nell’Australia occidentale.
Proprio nelle acque costiere dello Yucatán lo Squalo balena annualmente forma aggregazioni stagionali, tra maggio e settembre, comprendenti un gran numero di esemplari, talora sino a 400 ed anche più. Il fenomeno ha determinato la rapida crescita di flussi ecoturistici che hanno già raggiunto livelli insostenibili.
Famiglia Stegostomatidae
Lo Squalo zebra (Stegostoma fasciatum Hermann, 1783, probabile sinonimo di Stegostoma tigrinum Forster, 1781) è ritenuto l’unico rappresentante vivente della famiglia Stegostomatidae e deve il nome comune al fatto che i giovani hanno il corpo di colore scuro segnato da caratteristiche strisce giallastre simili a quelle di una zebra. Con la maturità la livrea cambia e gli adulti presentano il corpo di colore rossastro punteggiato di nero.
Di media taglia, in genere misura circa 2.5 m di lunghezza e solo raramente può arrivare a 3,5 m, lo Squalo zebra ha corpo molto snello e dotato di particolari creste, con il muso piuttosto arrotondato e provvisto di barbigli. Tipicamente la pinna caudale è molto sviluppata, all’incirca lunga quanto il resto del corpo. È uno squalo abbastanza diffuso nelle acque costiere degli oceani Pacifico e Indiano.
Superordine SQUATINOMORPHA
Costituiscono un gruppo particolarmente interessante che riuniscono specie la cui morfologia è del tutto peculiare assumendo caratteristiche morfologiche e strutturali sia degli squali Orectolobiformes, quali corpo fusiforme nella sua parte posteriore, sia delle razze Batoidea, come il grande sviluppo delle pettorali che si uniscono al capo a formare il caratteristico disco.
Va comunque tenuto presente che la somiglianza delle specie di questo superordine con i Batoidea viene attribuita dagli studiosi esclusivamente a un parallelismo evolutivo. Comprendono un solo ordine, Squatinoformes, con l’unico genere Squatina.
Ordine Squatinoformes
Costituiscono un ordine nel quale vengono comprese specie con il corpo, tozzo e largo nella parte anteriore, affusolato e squaliforme in quella posteriore. Questi pesci sono caratterizzati da grandi pinne pettorali, da cui il nome di Squali angelo con cui vengono comunemente chiamati. Le dimensioni nella maggior parte delle specie non superano il metro e mezzo di lunghezza e solo in qualche caso possono raggiungere i 2,50 m.
Gli Squali angelo, conosciuti anche come Squadri, hanno grande bocca amata di denti lunghi e affilati e con le mascelle estensibili, in rapporto alle loro abitudini predatorie. Gli occhi e gli spiracoli sono posti al di sopra del capo, mentre le cinque fessure branchiali si aprono in basso anteriormente alle pinne pettorali.
Oltre alle pinne pettorali, anche quelle ventrali (pelviche) sono alquanto larghe. Sono presenti due pinne dorsali mentre manca la pinna anale. Tipicamente, la pinna caudale presenta il lobo inferiore maggiormente sviluppato di quello superiore.
Gli Squali angelo hanno l’abitudine di stare sui fondali e ricoprirsi di sabbia in attesa delle prede, rappresentate da crostacei, molluschi ed altri pesci; in queste situazioni l’acqua arriva alle branchie attraverso gli spiracoli.
Solitamente non aggressivi, gli Squali angelo sono animali vivipari e solitamente mettono al mondo da 7 a 13 cuccioli alla volta.
Famiglia Squatinidae
Con una sola famiglia e un solo genere (Squatina), al quale vengono ascritte poco meno di una ventina di specie, gli Squali angelo sono ampiamente diffusi nei mari tropicali e temperati ove, con poche eccezioni, prediligono le acque poco profonde con fondali sabbiosi. Nelle acque del Mediterraneo sono segnalate le specie seguenti.
Lo Squadro (Squatina squatina Linneo, 1758) è la specie più nota della famiglia e si differenzia dalle altre congeneri per lo zigrino che, oltre a coprire il dorso, si estende anche sulle parti latero-ventrali con denticoli più piccoli e arrotondati. La testa, grande e tozza, presenta la bocca in posizione terminale con ai lati un lembo cutaneo e 4 barbigli. La specie è diffusa nell’Atlantico orientale, dalla Norvegia meridionale alle isole Canarie, e nel Mediterraneo
Lo Squadrolino (Squatina aculeata Dumeril in Cuvier, 1817) si riconosce per il capo grande con ai lati una piega cutanea che porta 2-3 lobi triangolari sporgenti. Il dorso, coperto di spinule ossee, è segnato longitudinalmente da 2 solchi che delimitano 3 carene arrotondate.
Posteriormente al capo e fino alla prima pinna dorsale è presente una fila mediana di aculei più grandi e provvisti di un’ampia base a forma di stella. Il corpo presenta sulle parti dorsali una colorazione grigio-marrone più o meno scura con marmorizzature e una grossa macchia bianca alla base delle pettorali. Le parti ventrali sono chiare.
È specie dell’Atlantico orientale e del Mediterraneo, dove è praticamente scomparsa. In Italia è citata per il Mar Ligure e per il Tirreno. Viene considerata una specie a grave rischio di estinzione.
Lo Squadro pelle rossa (Squatina oculata Bonaparte, 1840) è uno squalo che si riconosce per il corpo relativamente più snello e più stretto delle altre specie congeneri e per una piega cutanea priva di lobi triangolari posta ai lati del capo.
Il dorso, privo di spine mediodorsali, presenta dei solchi longitudinali che delimitano da 3 a 7 carene. Il corpo di questa specie assume sul dorso una colorazione che sfuma dal bruno-rossastro al bruno-grigiastro con marmoreggiature più scure e piccole macchie ocellari bianche disposte in maniera regolare, da cui il nome specifico. Ciascun lato del peduncolo caudale è ornato da tre paia di grandi ocelli scuri. Lo Squadro pelle rossa vive nelle acque orientali dell’oceano Atlantico e si rinviene anche in quelle del Mediterraneo. Anche questa specie è considerata a rischio di estinzione.
Superordine BATOIDEA
Conosciuti con il nome di Raggi, sono considerati un superordine di Pesci cartilaginei (Chondrichthyes).
I Batoidea raggruppano forme che si distinguono per avere il corpo appiattito con le pinne pettorali allargate e a forma di ali che in genere si fondono con il capo a costituire un tipico disco. La pinna anale è assente. Le branchie, per lo più in numero di 5 e solo in pochi casi 6, si aprono ventralmente, sotto le pettorali. Gli occhi e gli spiracoli sono situati sopra il capo. La bocca si apre ventralmente ed è in grado di protendere notevolmente la mascella superiore per catturare la preda. La classificazione più accreditata di questo raggruppamento, di gran lunga il più ricco di specie tra i Pesci cartilaginei, oltre 600, anche se ancora va confermata su solide basi filogenetiche, individua la sua suddivisione negli ordini dei Rajiformes, Rhinopristiformes, Torpediniformes e Myliobatiformes.
Ordine Rajiformes
Vengono considerati un ordine al quale vengono ascritte specie, comunemente indicate con il nome di Razze, che si caratterizzano per una grande varietà di forme molte spesso di difficile individuazione soprattutto a livello specifico.
Le dimensioni delle Razze solitamente sono comprese tra poco circa 20 cm a 2,5 m. In genere questi pesci hanno il corpo depresso che assieme alle pinne pettorali, allargate e trasformate in “ali”, spesso completamente fuse col capo e col tronco fino alle pinne pelviche, costituiscono una singolare struttura, detta disco.
Il disco è maggiormente sviluppato in larghezza e di varia forma (a cuneo, triangolare, ovale oppure circolare). Solo in poche specie il capo non fa parte del disco. Il rostro è variamente appuntito a seconda della specie.
Questa forma particolare del corpo rappresenta un chiaro adattamento alla vita batipelagica che favorisce questi pesci a muoversi più liberamente sui fondali marini e a nascondersi nella sabbia in caso di presenza di pericoli.
Questa peculiare conformazione del corpo consente alle Razze di nuotare più lentamente ma con grande eleganza, caratteristica che ha fatto attribuire a questi pesci anche il nome di “angeli del mare”.
Anche la bocca dei Rajiformes, posta trasversalmente e provvista di piccoli denti ottusi trasformati in piastre masticatrici, costituisce un ulteriore adattamento che consente la triturazione delle prede a guscio duro come molluschi e crostacei che vivono attaccati al substrato marino.
La coda, di varia lunghezza e provvista dorsalmente di spine a funzione protettiva, è separata dal disco ed ha perso la sua primaria funzione di propulsore. Il movimento delle Razze è affidato del tutto alle pinne pettorali.
La pelle di questi pesci in genere è spessa, liscia e ricoperta da muco oppure provvista di spine o tubercoli ossei che variano da specie a specie per dimensione, forma e disposizione.
Le branchie, presenti in numero di 5-7 paia, hanno forma allungata come negli altri Elasmobranchia e sono situate in posizione ventrale
Nelle specie che vivono sui fondali (bentoniche) solitamente gli occhi e gli spiracoli sono situati sulla sommità del capo.
Nelle Razze, i sessi sono nettamente distinti con un chiaro dimorfismo sessuale che si manifesta molto precocemente già negli embrioni, prima ancora che avvenga il differenziamento delle gonadi.
Già alla nascita, i piccoli di sesso maschile sono caratterizzati dalla presenza di due organi copulatori di grandi dimensioni che si originano sul margine mediale delle due pinne pelviche (missopterigi o pterigopodi).
Come in tutti gli altri Pesci cartilaginei, anche nelle Razze la riproduzione è quella sessuale con inseminazione interna.
Durante l’accoppiamento, il maschio trattiene la femmina afferrandola con i propri denti. Quindi, mediante i propri pterigopodi, introduce gli spermatozoi all’interno delle alte vie genitali della compagna, prima che le ghiandole nidamentali depositino attorno all’uovo le strutture ovulari di protezione (membrane e gusci cornei).
Nelle Razze ovovivipare l’embrione si nutre di secrezioni prodotte dall’utero materno o di altre sostanze e la femmina partorisce piccoli già formati.
Le Razze ovipare, depongono le uova fecondate che sono ricche di vitello (uova telolecitiche), protette da un robusto guscio corneo di forma varia e provvisti di lunghi filamenti spiralati mediante i quali si fissano a substrati rocciosi o corallini. Dopo circa sei mesi sgusciano i piccoli nati che trascinano come una sorta di cordone ombelicale il residuo del sacco del tuorlo.
Ben rappresentativa dell’ordine è Rhina ancylostoma (Bloch e Schneider; 1801) unico rappresentante vivente sinora conosciuto della famiglia Rhynidae, segnalato nelle acque costiere degli oceani Pacifico e Indiano.
I Rajiformes sono un elemento importante delle comunità marine e costituiscono un anello fondamentale nel ciclo vitale degli oceani.
Animali sociali, spesso si riuniscono in gruppi anche numerosi che possono essere costituiti anche di centinaia di individui. Costituiscono un raggruppamento al quale afferiscono poco meno di 300 specie che per la maggior parte vivono in acque marine ove preferiscono i fondali sabbiosi e fangosi.
Di abitudini sedentarie, le Razze vivono in acque superficiali e poco profonde, anche se raramente si possono incontrare fino a 3000 m di profondità. Alcune specie però trascorrono buona parte della vita in acque salmastre di delta ed estuari, mentre sono poche quelle che hanno addirittura colonizzato le acque dolci di corsi d’acqua posti anche a migliaia di chilometri di distanza dalle coste.
Sin dai tempi più antichi questi pesci sono stati oggetto di pesca da parte dell’uomo che, oltre per la bontà delle carni ricercate per la loro prelibatezza, li ha anche sfruttati per scopi diversi, ricavandone cuoio dalla pelle, collane ed anche mazze dalla coda, punte di lancia dagli aculei. Anche oggi le Razze continuano ad essere oggetto di pesca molto attiva in tutto il mondo e sono ampiamente utilizzate sia in cucina, sia nell’industria della moda per ricavarne piccoli oggetti di lusso, come scarpe e borsette.
Dal punto di vista sistematico, l’ordine dei Rajiformes costituisce un raggruppamento molto eterogeneo al quale viene attribuito un numero imprecisato di specie, secondo alcuni specialisti poco meno di 300 specie, secondo altri invece un numero di parecchio superiore. Tale discordanza è dovuta al fatto che la loro classificazione risulta parecchio difficoltosa sia in conseguenza della incertezza dei caratteri diagnostici impiegati, in particolare a livello specifico, sia per la carenza di ricerche rese difficoltose per il fatto che di molti di questi pesci si hanno poche informazioni in considerazione che vivono nelle profondità oceaniche.
Famiglia Rajidae
Non è un caso che negli ultimi due decenni sono state descritte oltre una settantina di specie in precedenza sconosciute. Per tale incertezza tassonomica, in questa sede riteniamo opportuno soffermarci brevemente su questa famiglia, tra le più ricche dell’ordine e alla quale afferiscono parecchie specie diffuse nelle acque del Mediterraneo e dell’Atlantico settentrionale, Baltico e Mare del Nord inclusi. Tra queste, va ricordata la Razza chiodata (Raja clavata Linneo, 1758), specie molto comune a profondità variabili dai 20 ai 100 m, oltre che nelle acque dell’Atlantico, dall’Islanda al Marocco, anche nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Lunga mediamente circa 1 m, la Razza chiodata deve il proprio nome comune alla presenza di numerosi grandi aculei sulla parte superiore del corpo.
Altra specie del genere è la Razza a coda corta o Raggio biondo (Raja brachyura Lafont, 1873) dell’Atlantico orientale ove vive di preferenza sui fondali sabbiosi o fangosi spingendosi a profondità di quasi 400. Di poco superiore al metro di lunghezza, gli adulti di questa specie che deve il proprio nome specifico alla brevità della coda, hanno la parte superiore del corpo interamente spinosa.
Con il nome di Razza comune o Razza bavosa, Razza cappuccino o Razza blu viene indicata la più grande razza che raggiunge una lunghezza di poco inferiore ai 3 m. Descritta da Linneo nel 1758 con il nome specifico di Raja batis, da qualche tempo questa specie è stata attribuita al genere Dipturus con il nome di Dipturus batis (Linneo, 1758).
In verità, tutt’oggi lo status sistematico di questa razza non è del tutto chiaro. Alcuni studiosi propongono di ripartire la specie in due entità, una settentrionale di maggiori dimensioni (Dipturus intermedius) e l’altra meridionale più piccola (Dipturus flossada).
Considerazioni tassonomiche a parte, In passato la razza comune era la razza più abbondante nell’Atlantico nord-orientale e nel Mediterraneo. Attualmente, a causa dell’intensa attività di pesca, le popolazioni di Dipturus batis si sono fortemente ridotte e la specie è stata inserita nella Lista Rossa IUCN tra le specie a rischio di estinzione.
Infine, abbastanza rara nelle acque del Mediterraneo occidentale è la Razza ondulata (Raja undulata Lacépède, 1802), specie che invece è ampiamente distribuita lungo le coste orientali dell’Atlantico. Lungo mediamente circa 1m, questo pesce ha l’aspetto tipico della famiglia di appartenenza, con il muso provvisto di un breve rostro e con la bocca armata da 40 a 50 file di denti sul mascellare superiore. Le pinne pettorali molto sviluppate, da cui il nome specifico. Sulla parte mediana sono presenti numerosi processi spiniformi, che si concentrano particolarmente lungo la linea mediana e sulla coda.
Ordine Rhinopristiformes
In quest’ordine vengono attualmente comprese le specie comunemente indicate con i nomi di Pesci sega, Pesci chitarra e Pesci violino. In verità, mentre si è d’accordo nell’attribuire il rango di famiglia ai Pesci sega (Pristidae) e ai Pesci chitarra assieme ai Pesci violino (Rhinobatidae), non c’è identità di vedute sulla posizione sistematica proprio di queste due famiglie.
Infatti, mentre alcuni studiosi inseriscono i due gruppi all’interno dei Rajiformes, altri invece ritengono i Pristidae gli unici rappresentanti viventi di un ordine a sé, quello dei Pristiformes. Altri ancora riuniscono Pristidi e Rinobatidi nei Rhinopristiformes, ordine al quale alcuni ascrivono anche altre famiglie. In verità, resta il fatto che la posizione filogenetica di questi raggruppamenti non è ancora chiaramente definita.
Pertanto, in questa sede riteniamo opportuno trattare assieme i due raggruppamenti, anche in considerazione che per alcune caratteristiche morfologiche comuni, se da una parte Pristidi e Rinobatidi si differenziano dalle Razze (Rajiformes), soprattutto per avere corpo squaliforme, dall’altra si distinguono proprio dagli Squali per presentare le pinne pettorali allargate e fuse con il capo in un disco proprio come nelle Razze. Anche sulle famiglie che vengono fatte afferire a questo gruppo, gli studiosi non sono d’accordo. In considerazione di ciò, in questa sede ci soffermeremo sui Pristidae (Pesci sega) e Rhinobatidae (Pesci chitarra e Pesci violino).
Famiglia Pristidae
È una famiglia alla quale vengono attribuite forme, comunemente note come pesci sega, che possono raggiungere circa 6-9 m di lunghezza, di cui 2 spettano al rostro, dimensioni queste che sono tra le maggiori tra tutti i Chondrichthyes. Oltre che per il corpo squaliforme, i componenti di questa famiglia si differenziano a prima vista anche per avere il cranio sviluppato anteriormente in un rostro appiattito, lungo circa un quarto del corpo.
Sui margini del rostro è presente una serie di poco meno di 20 sino a 32 robuste scaglie placoidi dentiformi disposte a intervalli regolari e lunghe circa 5 cm e simili a denti, che gli conferiscono l’aspetto di una sega, da cui il nome comune. Gli occhi sono piccoli posti anteriormente e due ampi spiracoli. La bocca si apre in posizione ventrale, posteriormente a due narici bilobate. Inoltre, questi pesci sono provvisti di due grandi pinne dorsali e di una lunga pinna caudale eterocerca. I Pesci sega mancano di pinne anali.
Diffusi nelle acque marine tropicali e temperate, ove in genere popolano i bassi fondali, i Pesci sega utilizzano il rostro per smuovere il fondo alla ricerca crostacei, molluschi ed anche altri pesci di cui si cibano.
Alcune specie entrano anche nei fiumi. Ai Pristidae vengono ascritte circa 8 specie, distribuite in 2 generi, delle quali si danno alcuni elementi distintivi essenziali.
Il Pesce sega denti piccoli (Pristis pectinata Latham, 1794) è un animale di grandi dimensioni, anche oltre i 7 m di lunghezza per circa 350 kg di peso, è specie tipica delle zone tropicali e subtropicali dell’Atlantico ove predilige le acque poco profonde con fondali sabbiosi o melmosi. Specialmente in età giovanile, questo pesce frequenta le acque salmastre di baie ed estuari, risalendo talvolta anche corsi d’acqua dolce. È specie ritenuta a forte rischio di estinzione.
Il Pesce sega nano (Pristis clavata Garman, 1906) vive nelle acque dei mari dell’Australia tropicale e con una lunghezza media di circa 3 m è la specie più piccola dei Pristidi.
Il Pesce sega comune (Pristis pristis Linneo, 1758), chiamato da alcuni anche Pesce sega dai denti grandi, è spesso confuso con altre specie del genere anche a causa dei pochi dati disponibili. Anche le sue dimensioni sono scarsamente utilizzabili per la sua identificazione essendo segnalate come comprese tra 2,5 a oltre 7 m di lunghezza.
Pure il colore del corpo, alquanto variabile dal grigio ocra al bruno-rossastro sul dorso e bianco crema ventralmente, non può rappresentare un buon carattere diagnostico. Il rostro è munito di non più di 20 paia di denti.
È considerata specie diffusa in zone principalmente tropicali o subtropicali ove viene segnalata in acque costiere, in acque salmastri di estuari e lagune e occasionalmente anche in corsi d’acqua. La sua presenza nelle acque del Mediterraneo richiede conferma.
Il Pesce sega lungopettine (Pristis zijsron Bleeker, 1851) è lungo anche oltre 7 m con un rostro che può superare 1, 5 m di lunghezza. Si rinviene in un areale che si estende dalla costa orientale africana alle isole del Sud-est Asiatico sino alle acque dell’Australia settentrionale. A causa della sua colorazione del dorso che talora assume toni verdastri, questo pesce è noto anche col nome di Pesce sega verde. Oggetto di pesca, il Pesce sega lungopettine è considerato a rischio critico di estinzione.
Ampio areale viene attribuito al Pristis microdon (Latham, 1794), specie dalla tassonomia incerta alla quale vengono assegnati diversi sinonimi. Comunemente nota come Pesce sega dai denti grandi, la specie è segnalata per le acque degli oceani Indiano e Pacifico, dall’Africa orientale alla Nuova Guinea, a nord fino alle Filippine e al Vietnam, a sud fino all’Australia.
Predilige i bassi fondali sabbiosi o fangosi di acque costiere e le acque salmastre di fiumi che risale portandosi sino a laghi d’acqua dolce ove pare che si riproduca. Animale di grande mole, può raggiungere anche i 7 m di lunghezza, ha sega affusolata provvista di 20-22 denti per lato.
Il Pesce sega dal rostro lungo (Anoxypristis cuspidata Latham, 1794) è l’unica specie del genere. Presenta dimensioni medie che si aggirano sui 4,5 m e si caratterizza per il rostro che è munito sino a 33 paia di denti. Frequenta i fondali sabbiosi di acque marine e salmastre degli estuari dei fiumi dal mar Rosso a Giappone. È specie ritenuta in pericolo a seguito della attività di pesca e del deterioramento del suo habitat.
Famiglia Rhinobatidae
Si tratta di una famiglia i cui componenti sono noti come Pesci chitarra e Pesci violino per la loro somiglianza, seppur vaga, con quegli strumenti musicali. Diversamente, il nome scientifico della famiglia di appartenenza (Rhinobatidae), letteralmente razze-naso, probabilmente si riferisce alla presenza di un rostro sul muso. Anche questi pesci si caratterizzano per avere il corpo allungato, più o meno schiacciato oppure compresso lateralmente. Ma, a differenza dei Pesci sega, in questi pesci le pinne pettorali si estendono anche anteriormente alle fessure branchiali, senza però raggiungere l’estremità del muso.
In genere gli occhi sono posti sulla sommità del capo, consentendo una migliore visione dell’ambiente circostante. Il capo di questi pesci, largo e depresso, è parzialmente fuso con le pinne pettorali a formare una tipica struttura triangolare che anteriormente si allunga in un rostro di vario sviluppo. Le due pinne dorsali sono tra loro più o meno uguali, quella caudale è ben sviluppata.
Animali fondamentalmente ovovivipari, in qualche caso ovipari, vengono suddivisi in un numero imprecisato di specie, verosimilmente oltre 50, distribuite in una decina di generi, tra cui Rhinobatos al quale vengono ascritte la maggior parte delle specie, Pseudobatos, Zapteryx, Trygonorrhina e Glaucostegus, al quale viene ascritto il Pesce chitarra gigante (Glaucostegus typus), in passato attribuito al genere Rhinobatos con il nome di Rhinobatos typus. A seguire si rappresentano sinteticamente le specie maggiormente conosciute con i principali elementi distintivi delle forme maggiormente note.
Il Pesce chitarra dal muso a spatola (Rhinobatos productus Ayres,1854) è una specie che come le altre del genere ha corpo compresso lateralmente, squaliforme, con il capo tipicamente appiattito orizzontalmente, ampio e triangolare, fuso alle pinne pettorali.Le altre pinne sono triangolari e quella caudale ha un solo lobo ed è membranosa
Il corpo è di colore bruno verdastro uniforme sul capo, dorso e fianchi, mentre le parti ventrali sono quasi bianchi. Posteriormente a ciascun occhio si apre un grande spiracolo provvisto di 2 pieghe. Le dimensioni, differenti nei due sessi, nei maschi raggiungono una lunghezza massima di 120 cm, mentre nelle femmine arrivano anche a 170 cm.
Vive in acque poco profonde della costa occidentale americana, dal Golfo di California alla Baia di San Francisco.
Il Pesce violino (Rhinobatos rhinobatos Linneo, 1758), detto anche Pesce chitarra comune, è specie che vive sui fondali sabbiosi o fangosi poco profondi del Mediterraneo, soprattutto nelle sue acque meridionali, e dell’Atlantico orientale, dalle coste equatoriali africane al Golfo di Biscaglia, in Francia.
Come le altre specie del genere, il Pesce violino presenta il corpo allungato con la metà anteriore depressa, a forma triangolare e prolungata in avanti in un muso appuntito con un rostro mediano rialzato.
Al centro del muso si sollevano due caratteristiche creste rostrali cartilaginee longitudinali lievemente convergenti nella parte anteriore.
Gli occhi sono piccoli e dorsali e posteriormente a ciascuno di loro posto uno spiracolo.
In posizione ventrale si aprono le narici si presentano bilobate e la bocca che è piccola e provvista di denti piatti, adatti a triturare i gusci e le conchiglie di crostacei e molluschi di cui, assieme ad altri pesci, si cibano.
Le pinne pettorali sono ampiamente sviluppate e aderiscono al capo formandone i bordi posteriori.
Sempre in posizione ventrale si aprono su ciascun lato cinque fessure branchiali, di piccole dimensioni.
La parte posteriore del corpo è invece affusolata, più simile a quella degli squali.
Le due pinne ventrali, di dimensioni pressoché uguali, sono chiaramente distinte e di forma triangolare.
In entrambi i sessi mancano le pinne anali e nei maschi le pinne pelviche sono modificate in due emipeni. La pinna caudale è triangolare e non presenta lobi distinti.
La colorazione del corpo è grigia con sfumature bruno-giallastre sul muso, biancastra nelle parti ventrali. Generalmente i margini delle pinne sono di colore chiaro o giallo intenso.
Le dimensioni, diverse nei due sessi, generalmente superano di poco il metro di lunghezza nei maschi, mentre le femmine possono raggiungere il metro e mezzo ed anche più.
Il Pesce chitarra dal mento nero (Rhinobatos cemiculus Geoffroy Saint Hilaire, 1817), noto anche come o Pesce chitarra black chin, è una specie originaria dell’Oceano Atlantico orientale, dal Portogallo sino all’Angola, e del Mar Mediterraneo ove è simpatrica con il Pesce violino, dal quale si distingue principalmente per avere gli occhi più piccoli e le creste rostrali più strette e maggiormente convergenti anteriormente.
Lungo mediamente sui 180 cm, il Pesce chitarra dal mento nero ha il corpo di colore marrone sulle parti dorsali e bianco su quelle ventrali. Sul muso spicca una caratteristica macchia nera, più evidente nei giovani. Come le altre specie del genere, vive abitualmente sul fondo predando invertebrati, quali crostacei e molluschi e piccoli pesci. Oggetto di una forte pressione di pesca, principalmente per le pinne, attualmente questa specie è ritenuta fortemente a rischio.
Il Pesce chitarra dell’Atlantico (Pseudobatos lentiginosus Garman,1880), da alcuni ritenuto sinonimo di Rhinobatos lentiginosus (Garman, 1880), è tra i più piccoli della famiglia, raggiungendo mediamente 70 cm di lunghezza ed i 2,5 kg di peso. Come nelle altre specie congeneri, in questo pesce il muso si prolunga anteriormente in un rostro e le pinne pettorali sono fuse con il capo a formare un disco di forma triangolare. La bocca si apre in posizione ventrale ed è provvista di numerosi piccoli denti, circa 80 per mascella, adatti alla frantumazione di gusci e carapaci delle prede di cui questo animale si nutre. Il corpo ha una colorazione che varia dal giallastro al marrone ed è ornato da piccole macchie bianche sparse su tutto il dorso che richiamano le lentiggini, da cui il nome specifico.
Questa specie vive nelle acque costiere dell’Atlantico sino al nord del Golfo del Messico, spingendosi anche nel Mar dei Caraibi. Frequenta di preferenza i fondali sabbiosi e fangosi, ove si nutre di molluschi, crostacei e talvolta anche di pesci più piccoli che blocca sul fondo aiutandosi con il rostro. Se minacciato, questo pesce si infossa nella sabbia del fondo utilizzando il rostro come una pala.
Nelle acque dell’Atlantico vive il Pesce chitarra chola (Pseudobatos percellens Walbaum, 1792), mentre in quelle del Pacifico è segnalato il Pesce chitarra fasciato (Zapteryx exasperata DS Giordano & CH Gilbert, 1880) recentemente attribuita ad altra famiglia (Trygonorrhinidae) sulla base dell’analisi del DNA mitocondriale.
Altra specie della famiglia è la Razza violinista orientale (Trygonorrhina fasciata Castelnau, 1873), diffusa nelle acque costiere dell’Australia orientale. Noto con diversi altri nomi, tra cui Squalo banjo, Razza violinista, Razza violinista, questo pesce raggiunge dimensioni che solitamente si aggirano sui 120 cm. Si caratterizza per il disco ovaliforme con muso arrotondato e il dorso ornato da larghe fasce di color viola chiaro dai bordi scuri che comprendono un segno triangolare posto sul capo proprio dietro gli occhi. Predilige i fondali rocciosi o sabbiosi ove si nasconde per catturare crostacei ed altri invertebrati di cui si nutre.
Ordine Torpediniformes
Sono un ordine di Chondrichthyes che riunisce specie che si caratterizzano per la presenza di tipici organi elettrogeni formati da tessuto muscolare specializzato e posti su ciascun del capo, in grado di produrre scariche che a seconda della specie possono variare da 50 a 220 volt. Gli impulsi bioelettrici sono controllati del sistema nervoso e dopo un certo numero di scariche, l’animale necessita di un periodo di riposo prima di poterne produrre altre.
Noti anche con il nome di Razze elettriche, in riferimento alla loro forma appiattita che ricorda alquanto le Razze dell’ordine dei Rajiformes, questi pesci hanno il corpo privo di squame, con pinne pettorali ben sviluppate e unite al capo a formare un disco appiattito. Le aperture branchiali sono poste ventralmente.
Animali predatori, abitualmente stanno in agguato sui fondali sabbiosi e melmosi in attesa di eventuali prede che stordiscono o uccidono con le proprie scariche elettriche.
L’ordine, al quale vengono ascritte una settantina di specie, è diffuso principalmente nelle acque degli oceani Atlantico, Pacifico e Indiano.
Nel Mediterraneo sono segnalate la Torpedine ocellata o Torpedine (Torpedo torpedo, Linneo, 1758) che vive sui fondi sabbiosi e fangosi fra i 5 e i 100 m di profondità, la Torpedine marmorata (Torpedo marmorata Risso, 1810), conosciuta localmente anche come Torpedine marezzata o marmorizzata o bruna e la Torpedine nera (Torpedo nobiliana Bonaparte, 1835) che è la specie di maggiori dimensioni del genere e che si spinge anche a profondità superiori ai 400 m.
Nelle acque aperte dell’oceano Indiano e del Mar Rosso, vive la Torpedine pantera (Torpedo panthera Olfers, 1831), pesce che mediamente misura circa 1 metro di lunghezza. Noto anche come Siluro leopardo questo animale si rinviene sui bassi fondali sabbiosi o fangosi e pure sulle barriere coralline.
Il Siluro del Golfo (Torpedo sinuspersici Olfers, 1831), detto anche Raggio siluro variabile o Raggio elettrico variabile, vive in acque marine e salmastre poco profonde e in prossimità di barriere coralline dell’Oceano Indiano occidentale, del Golfo Persico e del Mar Rosso.
La presenza di questa specie anche nel Mediterraneo nel quale in passato è stata segnalata richiede conferma. Frequentemente si seppellisce nel fondo sabbioso o fangoso.
Il raggio elettrico ocellato (Diplobatis ommata DS Giordano & CH Gilbert, 1890) è così chiamato per un caratteristico disegno sul centro del disco costituito da una macchia rotondeggiante nera o gialla contornata da anelli concentrici. Noto anche con il nome di Raggio elettrico occhio di bue, è un pesce di piccole dimensioni, circa 25 cm di lunghezza, originario delle acque costiere dell’Oceano Pacifico centro-orientale.
Il Raggio elettrico minore (Narcine bancroftii E. Griffith & CH Smith, 1834), comunemente noto con diversi altri nomi tra cui Raggio siluro maculato, Raggio elettrico brasiliano e Pesce tremolante, vive solitamente sotto sabbia o fango di basse acque costiere occidentali dell’oceano Atlantico e del Mar dei Caraibi. Lungo poco meno di 50 cm, questo pesce ha corpo di forma rotondeggiante con coda corta, che sul dorso assume una colorazione che varia dal marrone scuro al bruno rossastro. E’ provvisto di due organi elettrici che possono generare scariche elettriche che possono arrivare a poco meno di 40 volt.
Ordine Myliobatiformes
Più comunemente conosciuti come Pastinache, Trigoni, Razze o Raggi, alcuni anche come Aquila di mare, altri come Pesci vescovo, sono considerati un ordine di Pesci cartilaginei (Chondrichthyes) al quale vengono ascritte forme generalmente con il corpo di forma ovale o romboidale, notevolmente schiacciato dorsalmente e con le pinne pettorali molto sviluppate, a forma di ali, che si uniscono lateralmente con il capo.
La pinna dorsale è appena abbozzata e s’impianta alla radice della coda oppure manca del tutto. La pinna anale è assente. Gli occhi sono posti sul dorso, la bocca si apre ventralmente ed è provvista di numerosi piccoli denti atti a frantumare gusci e conchiglie degli animali di cui si ciba. Le branchie si aprono sulla parte ventrale del corpo.
Sul muso sono localizzate cellule sensoriali che costituiscono le cosiddette ampolle di Lorenzini, organi che, come già detto nelle generalità dei Pesci cartilaginei, sono in grado di percepire vibrazioni di bassa frequenza dell’acqua e quindi le variazioni del campo elettrico.
La coda, che si presenta di lunghezza varia, talora lunga e sottile simile ad uno scudiscio, è superiormente armata di un lungo aculeo che negli esemplari di maggiori dimensioni, può misurare anche una quarantina di centimetri di lunghezza e che presenta un tipico profilo dentellato. Alla base dell’aculeo si trovano ghiandole velenifere che secernono sostanze che nelle prede producono forti contrazioni muscolari ed hanno un effetto necrotizzante che distrugge le cellule, non di rado con esito mortale anche nell’uomo. Talune specie sono dotate di numerosi aculei.
Le dimensioni del corpo di questi pesci sono varie e nelle specie più grandi possono raggiungere anche i 4 m di lunghezza.
Animali bentonici, sono soliti vivere poggiati sui fondali coperti dalla sabbia o dal fango. Per la maggior parte si rinvengono in acque salate ma esistono anche forme d’acqua dolce e salmastra. In gran parte sono ovovivipari, ma alcune specie sono ovipare e depongono uova con guscio corneo.
Attualmente all’ordine vengono ascritte numerose forme profondamente diverse tra loro, complessivamente circa 130 specie, alcune delle quali si rinvengono anche nel Mediterraneo. Precedentemente inclusi nell’ordine dei Rajiformes, attualmente i Myliobatiformes vengono ritenuti un gruppo monofiletico al quale viene attribuito lo status di ordine distinto.
Tuttavia, tra gli studiosi non c’è identità di vedute in merito alle categorie sistematiche di livello inferiore, in particolare famiglie e generi. Considerate la disparità di vedute sulla sistematica di questo gruppo, in questa sede ci limiteremo a una breve panoramica delle forme più note.
La Pastinaca americana (Dasyatis americana Muller e Henle, 1841), nota anche come Trigone meridionale o Trigone atlantico, è un pesce che può raggiungere anche i 2 m di lunghezza. È diffuso in acque tropicali e subtropicali dell’oceano Atlantico, ove frequenta i bassi fondali sabbiosi e le acque lagunari. Di abitudini prevalentemente notturne, si nutre di animali bentonici, quali invertebrati, in particolare molluschi e crostacei, ed anche piccoli pesci. Da alcuni esperti la Pastinaca americana è ritenuta sinonimo della Pastinaca meridionale (Hypanus americanus Hildebrand & Schroeder, 1928), anch’essa diffusa nelle acque tropicali e subtropicali dell’Atlantico occidentale.
Su fondali sabbiosi o fangosi anche a profondità superiori ai 450 m lungo le coste africane dell’oceano Indiano e nelle acque dell’Australia e della Nuova Zelanda vive la Pastinaca liscia (Dasyatis brevicaudata Hutton, 1875).
È specie di grandi dimensioni, anche oltre i 4 m di lunghezza con un peso superiore ai 350 kg. Il corpo ha una colorazione che sulle parti dorsali varia dal grigio-marrone al bluastro, mentre su quelle ventrali è di colore chiaro. Animale poco aggressivo, se molestato può con l’aculeo della coda infliggere gravi, ferite anche mortali.
Il Trigone spinoso (Dasyatis centroura Mitchill, 1815), detto anche Razza dalla coda spinosa, è una specie che mediamente supera i 2 m di lunghezza e che si caratterizza per la presenza di vari tubercoli spinosi sul dorso e lungo la coda.
La coda si presenta robusta e munita di uno o più aculei seghettati e veleniferi. La colorazione sul dorso assume tinte che variano dal grigio-nero al brunastro, mentre quella ventrale è di solito biancastra. Diffuso nei mari subtropicali e temperati di entrambe le sponde dell’oceano Atlantico, il Trigone spinoso è segnalato anche nel Mediterraneo, acque italiane comprese.
Il Trigone comune o Pastinaca comune (Dasyatis pastinaca Linneo, 1758), è una specie ampiamente diffusa nelle acque dell’oceano Atlantico settentrionale, dalle Canarie sino alla Norvegia e al Mar Baltico, e in quelle del Mediterraneo e del Mar Nero. È un pesce cartilagineo che può raggiungere i 2,5 m di lunghezza e un metro e mezzo di larghezza, con muso alquanto pronunciato e occhi piccoli posti anteriormente a due spiracoli. Il corpo è generalmente di colore grigio-brunastro sulle parti dorsali, chiaro in quelle ventrali. Vive di preferenza sui fondali sabbiosi e fangosi, ove trova rifugio e nutrimento.
Come le altre specie del genere, il Trigone comune ha la coda armata di un robusto aculeo seghettato e velenifero con il quale può provocare ferite anche mortali.
Nelle acque temperate e subtropicali di tutto il mondo, ove conduce preferibilmente vita pelagica al largo della piattaforma continentale, vive il Trigone viola (Pteroplatytrygon violacea Bonaparte, 1832). Conosciuto anche come Pastinaca violacea o Pastinaca pelagica, è un pesce che si caratterizza per presentare gli occhi che, a differenza delle altre Pastinache, non sono sporgenti. Le dimensioni del Trigone viola si aggirano sui 150 cm di lunghezza, coda compresa, e sugli 80 cm di larghezza. La coda, lunga e simile ad una frusta, è armata di uno o due aculei veleniferi. La colorazione del corpo varia dal grigio-violetto all’azzurro-verdastro sulle parti dorsali, biancastra in quelle ventrali.
Diversi specialisti ascrivono ad un genere a sé (Himantura Müller e Henle 1837) specie di Myliobatiformes che si distinguono dalle altre Pastinache per avere una coda lunga e sottile sprovvista di pinnule.
In verità la tassonomia delle specie attualmente attribuite a questo gruppo, per la maggior parte originarie del Pacifico occidentale e dell’oceano Indiano, è particolarmente incerta in quanto basata su caratteri diagnostici poco significativi. In aggiunta per parecchie forme si hanno dati morfologici assolutamente insufficienti per la loro attribuzione specifica e quindi anche per stabilire la loro reale distribuzione. Pertanto in questa sede ci limiteremo a fornire principalmente informazioni di carattere generale. Inizialmente attribuita al genere Himantura, la Pastinaca chupare o Pastinaca caraibica (Styracura schmardae Werner, 1904) è una pastinaca di grandi dimensioni con una larghezza massima del disco che misura circa 2 m.
La coda è munita di un’unica spina dorsale seghettata che s’impianta nella seconda metà della coda. Segnalato per le acque dell’Atlantico occidentale, la validità tassonomica e l’effettivo areale di questo pesce restano ancora incerti.
La Pastinaca macchie bianche o naso aguzzo (Himantura gerrardi Gray, 1851), da alcuni specialisti attribuita ad altro genere (Maculabatis), è un pesce le cui dimensioni mediamente misurano 2 m di lunghezza e che si incontra lungo le regioni costiere, compresi gli estuari, degli oceani Pacifico ed Indiano. La presenza di questa specie è stata segnalata anche nelle acque del fiume Gange.
La Pastinaca macchiepallide (Himantura alcockii Annandale, 1909) è molto simile alla Pastinaca macchie bianche, e pertanto da alcuni considerata un suo sinonimo, in realtà è un pesce poco conosciuto segnalato nelle acque orientali dell’oceano Indiano.
Nelle acque tropicali indopacifiche, è segnalata la Pastinaca rosa (Himantura fai Jordan e Seale, 1906), specie da alcuni ascritta al genere Pateobatis. In verità questo non c’è identità di vedute e spesso questo pesce è confuso con altre specie.
Originaria dei grandi fiumi del sud-est del continente asiatico, la Pastinaca d’acqua dolce gigante (Himantura chaophraya Monkolprasit e Roberts, 1990), è tra i più grandi pesci d’acqua dolce potendo raggiungere i 4,5 m di lunghezza e quasi i 2 m di larghezza. Il corpo di questo animale sulle parti dorsali si presenta di colore bruno tendente al grigio ed è provvisto di piccoli tubercoli più o meno appuntiti; le parti ventrali sono bianche con una caratteristica striscia nera lungo i bordi. Le pinne pettorali e quelle pelviche sono ornate di piccole macchie. La coda di questo pesce è lunga e sottile, spesso oltre il doppio la lunghezza del disco; la spina velenifera caudale è la più lunga di quella delle altre Pastinache e può misurare anche 40 cm.
Ed ancora, sempre al medesimo genere vengono attribuite le specie seguenti. La Pastinaca del Gange (Himantura fluviatilis Hamilton, 1822), citata unicamente per il fiume Gange e di cui si hanno pochissime informazioni, la Pastinaca codabianca (Himantura granulata Macleay, 1883), si rinviene nelle acque tropicali degli oceani Indiano e Pacifico sino alle coste settentrionali del continente australiano.
La Pastinaca reticolata (Himantura uarnak Gmelin, 1789) ha corpo di forma romboidale, largo anche oltre 120 cm. La coda a forma di frusta, oltre 3 volte più lunga del corpo, come le altre specie dell’ordine, è armata di un aculeo velenifero in prossimità della base. Le parti dorsali negli adulti sono giallo-brunastre con un reticolo di macchie scure e marginate di chiaro; quelle ventrali sono uniformemente chiare. Ampiamente diffusa negli oceani Pacifico e Indiano e nel Mar Rosso dal quale attraverso il canale di Suez è pervenuta in epoca recente nelle acque del Mediterraneo orientale.
Ancora, tra i rappresentanti dei Myliobatiformes ascritti ad altri generi, vanno citati la Pastinaca mascherata (Neotrygon kuhlii Müller e Henle, 1841), pesce la cui lunghezza complessiva di rado supera i 40 cm e con il dorso grigio-verde o giallastro, ornato con macchie ovali di colore azzurro elettrico. La coda della Pastinaca mascherata è lunga e sottile con l’estremità di colore bianco ed è armata di uno o più aculei veleniferi. Si rinviene frequentemente nelle acque tropicali degli oceani Indiano e Pacifico.
La Pastinaca coda di vacca (Pastinachus sephen Forsskål, 1775) è un pesce di grandi dimensioni che negli adulti possono raggiungere i 3 m di lunghezza e i 250 kg di peso. La colorazione del corpo è uniforme, brunastra sul dorso, bianca ventralmente. Caratteristica distintiva di questa specie è una lunga plica cutanea situata sotto la coda che nella sua metà porta un aculeo velenifero. La specie è segnalata per le acque tropicali degli oceani Indiano e Pacifico e del Mar Rosso.
La Pastinaca a macchie blu (Taeniura lymma Forsskål, 1775), detta anche Trigone a macchie blu, è una specie che vive nelle acque degli oceani Indiano e Pacifico al Mar Rosso. È un pesce di dimensioni medie, che raramente supera i 70 cm di lunghezza.
Il corpo presenta sul dorso una colorazione che varia dal rosato al giallo-verdastro ed è ornato da evidenti macchie ovali di colore blu elettrico, da cui il nome comune; Il ventre è bianco-azzurrino. La coda porta nella sua estremità uno o due aculei veleniferi.
La Pastinaca a macchie nere (Taeniura meyeni Müller e Henle, 1841) è un pesce che deve il proprio nome comune al fatto di presentare il dorso, di colore grigio scuro, segnato di numerose macchie nere. Le parti ventrali sono bianche.
La coda è lunga e porta alla base uno o più aculei veleniferi. Animale di grandi dimensioni, gli esemplari adulti possono raggiungere i 3 m di lunghezza ed i 150 kg di peso, è piuttosto comune sui bassi fondali sabbiosi delle acque tropicali degli oceani Indiano e Pacifico e del Mar Rosso. Il Trigone a macchie nere (Taeniura melanospilos Bleeker, 1853) è ritenuto sinonimo di Taeniura meyeni.
La Pastinaca porcospino (Urogymnus asperrimus Bloch e Schneider, 1801) deve il proprio nome comune ai numerosi tubercoli spinosi situati sulla superficie dorsale del corpo. La coda della Pastinaca porcospino è molto sottile e, contrariamente alle altre pastinache, non è provvista di aculeo velenifero. Si tratta di un pesce, di circa 2 m di lunghezza, allo stato segnalato nelle acque tropicali dell’oceano dell’Atlantico orientale e degli oceani Indiano e Pacifico sino alle Filippine, Indonesia, Nuova Guinea ed Australia.
L’Aquila di mare (Myliobatis aquila Linneo, 1758) è un pesce con il corpo lungo fino a 1,5 m e largo 2,5 m, che presenta la classica forma discoidale delle razze, maggiormente allargato nel senso laterale.
Come le Razze possiede due pinne laterali molto ampie e appuntite, leggermente arcuate, la cui forma ricorda ali a forma di falce (da cui il nome scientifico). La coda, a forma di frusta, è lunga più del doppio del corpo ed è armata di una spina dorsale munita di ghiandola velenifera. La pelle è liscia e ricoperta di muco che lo rende particolarmente scivoloso.
Si rinviene nelle acque temperate delle coste del nord Atlantico e del Mediterraneo, dove è particolarmente comune nel mar Adriatico. Vive di preferenza a bassa profondità, spesso in prossimità della superficie.
Il Pesce vescovo (Pteromylaeus bovinus G. Saint-Hilaire1817), chiamato anche Vaccarella o Colombo di mare, è un Myliobatiformes di aspetto simile a quello dell’Aquila di mare da cui se ne distingue a prima vista per avere il capo grosso e prominente, con il muso più pronunciato e appuntito. Il corpo è depresso e negli esemplari adulti si presenta di colore che varia dal bruno chiaro al bruno-verdastro sulle parti dorsali e bianco su quelle ventrali. I giovani sono caratterizzati da 7/8 strisce dorsali che scompaiono con il raggiungimento della maturità. La coda, molto lunga e filiforme, porta alla base una piccola pinna dorsale armata di un robusto aculeo velenifero.
Il Pesce vescovo ha un’ampia diffusione che comprende l’oceano Atlantico orientale, l’oceano Indiano sudoccidentale, il Mediterraneo e il Mar Nero; è segnalato anche nell’Atlantico ma la sua presenza è da definire. Predilige i fondali delle acque temperate e tropicali, comprese quelle di lagune ed estuari fluviali.
Il Raggio di aquila a macchie bianche del Pacifico (Aetobatus laticeps Gill, 1865), diffuso nelle acque tropicali dell’Oceano Pacifico orientale, e il Raggio di aquila maculato (Aetobatus narinari Euphrasén, 1790), limitato all’Atlantico, differiscono tra loro geneticamente ma sono difficilmente distinguibili dal punto di vista morfologico presentando entrambi il corpo scuro ornato di macchie bianche.
Altra specie del genere che si incontra nelle acque occidentali tropicali degli oceani Indiano e Pacifico è l’ Aquila di mare ocellata, detta anche Aquila di mare a macchie bianche (Aetobatus ocellatus Kuhl, 1823). Si tratta di un pesce di grandi dimensioni, può raggiungere anche i 3 m di lunghezza, che si caratterizza per le parti dorsali che sono di colore grigio verdastro scuro, con macchie biancastre, raramente ocellate.
Nelle acque tropicali e subtropicali degli oceani Pacifico e Indiano e raramente anche nell’Atlantico orientale, vive la Manta della barriera corallina (Mobula alfredi Krefft, 1868) che, con una lunghezza media compresa in genere tra 3 e 3,5 m, è una delle razze più grandi.
La Mobula dalla coda liscia (Mobula munkiana Notarbartolo di Sciara, 1887) si rinviene nelle calde acque tropicali del Pacifico orientale. Nota anche con il nome di Raggio diavolo di Munk, è una specie che di solito misura circa 1 m, con la coda lunga e sottile, priva di spina dorsale.
Con un’apertura del disco che supera i 6 m di larghezza ed un peso di oltre 1 t, la Manta gigante (Mobula birostris Walbaum, 1792) è certamente il gigante dei Myliobatidae.
Oltre che per le imponenti dimensioni, la specie, da alcuni attribuita al genere Mobula, si caratterizza per avere una bocca molto grande con ai lati due tipiche appendici molto mobili, dette pinne cefaliche, che durante il nuoto sono tenute arrotolate assumendo l’aspetto di corna, da cui il nome specifico. La coda è sottile, supera appena la lunghezza del corpo e presenta soltanto rudimenti di aculei veleniferi. La pinna dorsale è piccola.
Presente in tutti i mari ed oceani della fascia tropicale e temperata, questa specie non è stata segnalata per il Mar Mediterraneo. Di abitudini essenzialmente pelagiche, la Manta gigante vive isolata oppure riunita in gruppi che talora possono diventare molto numerosi.
Ottimi nuotatori, questi pesci sono capaci di compiere anche spettacolari salti fuori dall’acqua, forse con lo scopo di liberarsi di parassiti.
La Manta gigante si ciba principalmente di zooplancton, che cattura nuotando e convogliando l’acqua verso la bocca, con l’aiuto delle due pinne cefaliche che vengono tenute aperte.
La Razza dal naso di vacca del Pacifico, detta anche Raggio di cownose d’oro o Raggio di cownose del Pacifico (Rhinoptera steindachneri Evermann & Jenkins, 1891) è una specie segnalata per le acque poco profonde, estuari e paludi costiere del Pacifico orientale. Di dimensioni di circa 1 metro, vive di preferenza su fondali molli, in prossimità di scogliere rocciose o coralline, ove si nutre di crostacei e molluschi bentonici. Di tanto in tanto si porta in superficie e può anche saltare fuori dall’acqua.
Tra le specie dell’ordine Myliobatiformes più comuni delle acque costiere dell’Australia orientale si cita lo Stingaree comune (Trygonoptera testacea Müller & Henle, 1841). È un pesce di piccole dimensioni, in genere intorno ai 50 cm di lunghezza, che si caratterizza per la pinna caudale e forma di foglia. Vive di preferenza su fondali sabbiosi, scogliere rocciose ed estuari.
La Pastinaca tonda bullseye (Urobatis concentricus Osburn & Nichols, 1916), nota anche come Raggio tondo spot-on-spot o Razza della barriera corallina, è una specie di piccole dimensioni, circa 50 cm, segnalata per le acque costiere del Pacifico centro-orientale. Vive di preferenza in acque poco profonde, estuari e lagune costiere ove si nutre di vermi, crostacei e piccoli pesci.
La pastinaca gialla (Urobatis jamaicensis Cuvier, 1816 ) è una specie segnalata nelle acque tropicali dell’Atlantico, dalla Carolina del Nord all’isola di Trinidad. Vive sui fondali sabbiosi, fangosi o con alghe in prossimità di barriere coralline. Come le altre specie congeneri, questo pesce ha dimensioni che si aggirano sui 35 cm, con coda breve e pinna caudale ben sviluppata. Nelle acque costiere del Pacifico centro-orientale, dalla California al Messico, vive il Raggio tondo maculato (Urobatis maculatus Garman, 1913), piccola specie (circa 40 cm) dei Myliobatiformes. Di abitudini diurne, si rinviene di preferenza su fondali poco profondi sabbiosi e fangosi ove si nutre di vermi e piccoli crostacei.
La pastinaca rotonda leopardo (Urobatis pardalis Del Moral-Flores, Angula, López & Bussing, 2015) è un pesce di piccole dimensioni, poco meno di 50 cm, che deve il proprio nome specifico alla livrea macchiettata del dorso che ricorda la pelliccia di un leopardo. Conosciuta anche con i nomi di Pastinaca rotonda centroamericana o Pastinaca rotonda costaricana è una razza che vive nelle acque costiere poco profonde del Pacifico orientale, dal Costa Rica alla Colombia.
Sottoclasse HOLOCEPHALI
Sono considerati una sottoclasse di Pesci cartilaginei (Chondrichthyes) in cui vengono comprese specie che si caratterizzano già a prima vista per le notevoli dimensioni del capo, preminente su quelle del resto del corpo, da cui il nome del taxon, che letteralmente significa “tutto testa”. Il muso di questi pesci singolari è arrotondato, spesso forgiato a rostro oppure con l’estremità munita di un’appendice ad uncino. Nelle specie dei Callorhynchidae, il muso si allunga in una sorta di proboscide provvista di un grande lobo carnoso molto mobile, che probabilmente viene utilizzato per scavare nel fondo.
Altre caratteristiche distintive di questi pesci è la presenza su ciascun lato di quattro branchie molto ravvicinate tra loro e poste all’interno di una camera branchiale opercolata da una piega cutanea. Le branchie comunicano con l’esterno tramite un’unica apertura situata ai lati del capo, poco davanti alle pinne pettorali.
La bocca è piccola, con la mandibola saldata all’astuccio cranico e dotata di due paia di piastre atte a triturare, derivanti dalla trasformazione della primitiva dentatura. La mascella porta invece una sola coppia di piastre trituratrici. La corda cartilaginea dorsale non è frazionata nei corpi vertebrali e mantiene unicamente le funzioni di asse di sostegno.
Le pinne pettorali degli Holocephali sono molto grandi e, in considerazione che la coda è molto sottile e di modeste dimensioni, rappresentano l’unico organo di propulsione nel nuoto.
Delle due pinne dorsali, la prima, molto alta e situata subito dopo il capo, è preceduta da un lungo e robusto aculeo velenifero, mentre la seconda è bassa e sfrangiata e si continua con la pinna caudale. La coda in genere è di tipo gefirocerco, cioè in cui la vera pinna caudale è ridotta e atrofizzata ed è sostituita da una pinna secondaria formata da estensioni posteriori della pinna dorsale e di quella anale.
Negli Holocephali i due sessi sono ben differenziati. I maschi sono sempre più piccoli delle femmine e, come nella maggioranza dei Pesci cartilaginei, sono dotati di un organo copulatore derivante dalle pinne pelviche (missopterigi o pterigopodi). Inoltre, nella parte superiore del muso i maschi delle Chimere sono provvisti di una appendice lunga e clavata (clasper), in genere dentellata, con la quale si attaccano alle femmina durante gli accoppiamenti.
Ed ancora, i maschi dei Rhinochimaeridae, che con Chimaeridae e Callorhynchidae rappresentano le tre famiglie ascritte alla sottoclasse, possiedono anteriormente alle pinne pettorali anche una coppia di appendici prensili anch’esse utilizzate per afferrarsi alle femmine durante la copula. Animali ovipari, le femmine depongono ogni volta soltanto 2 uova racchiuse in una capsula rigida fittamente perforata per consentire il ricambio di acqua ossigenata necessaria allo sviluppo dell’embrione.
Animali pelagici, questi pesci si rinvengono nei mari temperati dell’emisfero boreale ove prediligono le acque fredde e profonde.
Gli attuali Olocefali sono rappresentati unicamente dall’ordine dei Chimaeriformes al quale vengono attribuite complessivamente 25 specie. Tra le specie più note vanno ricordate le seguenti.
La Chimera (Chimaera monstrosa Linneo, 1758) è un Chimaeridae diffuso nell’oceano Atlantico e anche nel Mediterraneo. È una specie dall’aspetto inconfondibile che ricorda quello di un coniglio. Gli occhi sono grandi, adatti per la visione a profondità elevate e il muso è arrotondato con bocca piccola. È presente una sola fessura branchiale per lato. La prima pinna dorsale è alta e provvista di una spina velenifera ben sviluppata. Le dimensioni in genere variano da 1 a 1.5 m. Si nutre di invertebrati e piccoli pesci, in prevalenza di aringhe.
Altra specie dei Chimaeridae è la Chimera elefante (Hydrolagus colliei Lay e Bennett, 1839) che si rinviene lungo le coste nordorientali del Pacifico, di preferenza su fondali sabbiosi, fangosi o rocciosi.
Ai Rhinochimaeridae afferisce la Chimera dal naso stretto o Chimera ratto (Harriotta raleighana Goode e TH Bean, 1895), specie che popola le acque settentrionali dell’Atlantico sino a quelle dell’Africa occidentale ove si spinge a profondità anche superiori ai 3000 m.
Nelle acque costiere al largo della Namibia e del Sudafrica, a profondità anche superiori ai 350 m, è diffuso il Callorinco del Capo (Callorhynchus capensis Linneo 1758), specie di Callorhynchidae le cui dimensioni in genere possono arrivare a 120 cm. Indicato anche con i nomi di Pesce elefante del Capo, squalo San Giuseppe o Josef, il Callorinco del Capo si ciba di vermi, molluschi e piccoli pesci.
Alla medesima famiglia dei Callorhynchidae viene attribuito lo Squalo fantasma (Callorhinchus milii Bory de Saint-Vincent, 1823), pesce di medie dimensioni, in genere circa 80-120 cm di lunghezza, che si distingue per il muso sporgente con l’estremità conformata a mazza, per gli occhi notevolmente sviluppati e posti in alto e per la presenza di una spina dorsale velenifera che si impianta appena davanti alla pinna dorsale. Vive nelle acque del Pacifico sudoccidentale, in Australia meridionale e Nuova Zelanda.
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