Testo © DrSc Giuliano Russini – Biologist Zoologist
►Famiglia Strigopidae
– Sottofamiglia Strigopinae
– Sottofamiglia Nestorinae
►Famiglia Cacatuidae
– Sottofamiglia Nymphicinae
– Sottofamiglia Cacatuinae
►Famiglia Psittacidae
– Sottofamiglia Psittacinae
– Sottofamiglia Arinae
– Sottofamiglia Psittrichasinae
– Sottofamiglia Coracopseinae
– Sottofamiglia Platycercinae
– Sottofamiglia Psittacellinae
– Sottofamiglia Loriinae
– Sottofamiglia Agapornithinae
– Sottofamiglia Psittaculinae
Gli Psittacidae, i pappagalli in senso stretto, rappresentano una grande famiglia di uccelli appartenenti all’ordine degli Psittaciformes (da “Ψιττακός”, “psittakos” = pappagallo in greco). Furono studiati dettagliatamente dal biologo zoologo e entomologo tedesco Johann Karl Wilhelm Illiger, professore di zoologia e direttore del Museo di Storia Naturale di Berlino, che ne descrisse 25 specie delle aree tropicali e subtropicali, nei suoi viaggi in Amazzonia e in Africa, tra il 1795 e il 1811.
In passato gli Psittacidae, i Cacatuidae ed i Strigopidae venivano inclusi nella stessa famiglia, ma oggi sono collocati in 3 famiglie separate, che insieme a quella Loriidae (oggi si preferisce parlare di sottofamiglia Loriinae) costituiscono l’ordine degli Psittaciformes.
Questo perché anche se Psittacidae, Cacatuidae e Strigopidae presentano caratteristiche comuni (becco ricurvo in basso robusto, areali di riproduzione e modalità di nutrizione, piedi zigodattili, con due dita dirette indietro ed altre due dirette in avanti, ciascuno etc.), le differenze sono maggiori delle similitudini, e la comunità scientifica ha sentito la necessità di separarle, come risulta dalla classificazione dell’ICZN.
I Cacatuidae infatti presentano dimorfismo sessuale, ed hanno una colorazione generalmente monocromatica, bianca, rosa chiaro (ipomelanica), scura (melanica) o dicromatica, con una vistosa cresta erettile, talora maculata, sopra il capo, che l’uccello apre o chiude volontariamente, e mostrano una diversa composizione geometrica del piumaggio, privo dei riflessi e colori brillanti degli Psittacidaeper la mancanza della trama di Dyck.
E anche i biologi Brown e Toft nel 1999 visti gli aspetti morfologici e somatici, e i dati della sequenza di rRNA mitocondriale 12S che ne chiarisce la filogenesi, hanno concluso per questa separazione.
Gli Psittacidae si differenziano inoltre anche sotto l’aspetto anatomo-fisiologico, dato che non hanno la cistifellea, ghiandola digestiva strettamente connessa al fegato, che serve per l’emulsione degli acidi grassi.
Il nome Cacatua deriva dalla parola in malese kaka(k)tua (forma composta di “kaka”= pappagallo + “tuwah”= sorella più vecchia) e la famiglia dei Cacatuidae annovera i generi Eolophus, Probosciger, Callocephalon, Nimphicus, Calyptorhynchus e Cacatua.
Si possono distinguere 3 sottofamiglie:
Quella della Calopsitta (Nymphicus hollandicus), unica specie appartenente alla sottofamiglia Nymphicinae, nettamente diversa agli altri cacatuidi.
I Cacatua neri del Calyptorhynchus, unico rappresentante della sottofamiglia Calyptorhynchinae, che mostrano dicromatismo e grandi concentrazioni di melanina nel piumaggio. Le ali, la coda ed il muso, possono essere di colorazione rossa, gialla o arancione in entrambi i sessi. In alcune specie, le femmine hanno la coda e le ali barrate ed una macchia di colore giallo o bianca nella zona temporo-occipitale, mentre i maschi no, segno di dimorfismo sessuale cromatico.
L’ultima sottofamiglia, i Cacatuinae, contiene due tribù: i Microglossini, col Cacatua delle palme (Probosciger aterrimus), nero come gli appartenenti alla sottofamiglia precedente ma con un dimorfismo sessuale debole, appunto come i cacatua dell’altra tribù, i Cacatuini, che sono invece ipomelanici, mostrando cioè colori più lucidi e vistosi come per esempio lo splendido Cacatua cresta salmone (Cacatua moluccensis).
Attualmente si dibatte anche se altre linee viventi, Lori e Lorichetti risultino essere classificabili come linee separate o considerati appartenenti alla famiglia dei Psittacidae , ma ancora non si hanno sicurezze al riguardo da parte della Commision for Zoological Nomenclature (ICZN). I Lori e Lorichetti (famiglia Psittacidae, sottofamiglia Loriinae) sono un gruppo di ben 55 specie diffuse in habitat oceanico compreso tra Sulawesi e le Filippine fino a Tahiti e le isole Figi attraverso l’Australia e soprattutto la Nuova Guinea, le Molucche e le isole Salomone dove vive la massima parte delle specie.
Sono uccelli particolari, grandi mangiatori di nettare e quindi dotati di una lingua a spazzola con cui riescono a ripulire efficacemente l’interno dei fiori, integrando la loro dieta anche con frutta ed insetti. Sono colorati, spesso di un rosso vivo, blu cobalto e talora verde, e hanno taglie che variano dagli 8 ai 35 cm. Dotati di una voce molto forte e caratteristica e con un temperamento aggressivo, sono curiosi e inclini all’ esplorazione. Sono uccelli molto problematici per la loro dieta particolare e per il loro allevamento. Un esempio classico di Lori è il Lorichetto Arcobaleno (Trichoglossus haematodus) che può raggiungere i 26 cm di lunghezza e circa 35-40 anni di vita. Ha un piumaggio verde, fronte rossa, guance nude, bianche orlate di piccole piume nere, becco nero, iride gialla, ventre azzurro.
E’ una specie rumorosa, attiva e curiosa che può essere molto aggressiva con i suoi conspecifici. In natura fanno vita gregaria in vari gruppi molto estesi. Piccoli gruppi vengono creati solo nel periodo degli accoppiamenti.
Occasionalmente si osservano diverse centinaia di uccelli sugli alberi in cerca di cibo. E’ un pappagallo rumoroso soprattutto quando specie diverse sono associate in comunità.
La loro dieta è costituita da nettare, fiori, frutta, bacche, polline, semi, germogli, insetti, larve, ma possono danneggiare anche considerevolmente i frutteti e i campi di grano.
Specie a rischio, anche se inferiore rispetto ad Are e Cacatua, secondo la CITES.
Le origini biologiche degli Psittaciformes sono antichissime, si pensa siano comparsi sulla terra circa 50 milioni di anni fa e che fossero caratterizzati da una distribuzione zoogeografica ad ampio spettro, che li rendeva presenti anche in Europa, dove ormai non sono più autoctoni da diversi millenni.
La famiglia dei Psittacidi (Psittacidae) si è sviluppata nel Miocene inferiore, e conta 340 specie, 317 delle quali ancora viventi, ripartite in 69 generi.
Quindici specie si sono estinte in epoca recente, e quattro prima della scomparsa del Dodo (Raphus cucullatus, uccello inetto al volo e frugivoro, vittima emblematica della pressione umana sull’ambiente, che si estinse nella seconda metà del XVII secolo all’isola di Mauritius con l’arrivo dei portoghesi).
Il gruppo originatosi probabilmente nell’Australasia, ha come progenitore ancestrale l’ Archaeopsittacus (sono stati trovati resti fossili anche in Francia) e si rivela abbastanza omogeneo, pur nella variabilità delle colorazioni del piumaggio e delle dimensioni, che oscillano fra poco più di 5 cm ed oltre un metro di lunghezza. Si può andare infatti dall’Ara giacinto (Anodorhynchus hyacinthinus), che può arrivare a 100-120 cm di lunghezza, con un’apertura alare di 120-130 cm e un peso di 1,4-1,8 kg, a dimensioni ridotte come quelle dei così detti pappagalli ondulati, le Cocorite (Melopsittacus undulatus), che pesano pochi grammi e fanno 5-18 cm di lunghezza.
Un caso a sè è costituito dal Kakapo (Strigops habroptilus), il più pesante dei pappagalli e l’unico non in grado di volare che insieme alle due specie del genere Nestor (Nestor notabilis e Nestor meridionalis) formano la famiglia degli Strigopidae, pappagalli autoctoni della Nuova Zelanda. Come altri uccelli ratiti, cioè non atti al volo (tipo struzionidi, galliformi, casuariformi e reiformi) ha infatti le ali corte e non presenta uno sterno carenato, struttura scheletrica tipica dei volatori, dove si congiungono i robusti muscoli pettorali, necessari al volo, che si proiettano dal torace alle ali. Il suo peso oscilla tra 3–4 kg, ed usa le ali come timone d’equilibrio, quando si getta dai rami, per frenare la velocità di caduta verso il suolo. E’ anche il più longevo rappresentante della classe degli Uccelli , con una vita media registrata, di 90 anni.
Tra i pappagalli molto noti, autoctoni delle foreste pluviali-tropicali dell’America del Sud (foresta Amazzonica, Brasile: foreste del Mato Grosso, Parà, Piauì, Marhano e Tocantinsest o della Bolivia, come quelle del dipartimento di Santa Cruz della Sierra mentre nel nord del Paraguay nel dipartimento di Conception, in Venezuela, Panama, Colombia, Messico, Guyana, fino all’ isola di Trinidad) ci sono i membri del genere Ara, come la già citata Ara giacinto (Anodorhynchus hyacinthinus).
Questa specie, diffusa a sud del Rio delle Amazzoni, presenta un piumaggio blu cobalto, più scuro sulle ali, e un grande becco nero. Gli occhi marroni, e la mandibola, sono circondati da una pelle di colore giallo chiaro. Molto longeva, può superare gli 80 anni.
Altri sono, ad esempio, l’Ara militare (Ara militaris militaris), dal Messico allo stato di Panama, con la sua livrea di colore verde militare lungo il corpo, fronte rossa, guance nude, bianche orlate di piccole piume nere, becco nero, iride gialla, ventre azzurro, anche questa una specie molto longeva, che può raggiungere i 70 anni e 75-80 cm di lunghezza .
L’Ara giallo-blue (Ara ararauna), diffusa da Panama all’Argentina, ha una coda molto lunga, ma complessivamente la lunghezza testa-coda non va oltre i 90 cm. Presenta una colorazione blue brillante sul dorso, le ali e la porzione occipitale della testa, mentre il torace e ventre giallo e il resto verde. Becco nero, e nella porzione di muso tra il punto di attacco del becco (base) e gli occhi è presente una zebratura orizzontale bianco nera. E l’Ara scarlatta (Ara macao) è autoctona delle foreste sempreverdi umide dell’America tropicale, dall’estremità orientale del Messico fino al Perù e al Brasile Amazzonico, nei bassopiani fino a 500 m d’altitudine, anche se sono stati sporadicamente osservati esemplari verso i 1000 m. Misura 81-96 cm, più della metà dei quali spettano alla coda appuntita e graduata, tipica di tutte le Are. Il peso medio si aggira intorno al chilogrammo. Il piumaggio è per la maggior parte scarlatto, ma le penne del dorso e delle copritrici della coda sono blu chiare, le grandi copritrici superiori sono gialle, i lati superiori delle remiganti sono blu scuro, così come le estremità delle penne della coda.
Sostanzialmente gli Psittacidae sono endemici delle foreste pluviali equatoriali e subequatoriali dell’America meridionale, Asia e Africa, mentre i membri delle famiglia dei Cacatuidae, della sottofamiglia dei Loriinae e degli Strigopidae, oltre che in queste regioni, in densità minore, vivono invece principalmente in Oceania, estremo Oriente, arcipelago Hawaiano, isole Figi, e arcipelago delle Filippine. Sebbene, come abbiamo visto, gli Psittacidae hanno colori e dimensioni molto variabili, con 23 specie giganti, quale quelle afferenti ai generi Ara e Amazona, che sono anche fra gli uccelli più belli al mondo, il gruppo manifesta una sostanziale omogeneità fisiologica-funzionale. Hanno una ecologia alimentare analoga, una fisiologia riproduttiva simile (numero, dimensione delle uova, tipologia della nidiata e caratteristiche del nido), e comuni rituali nuziali.
Caratteri morfologici costanti sono la presenza di una grossa testa, collegata a un collo corto e massiccio; un becco particolarmente sviluppato, robusto e uncinato; zampe con piede zigodattili, dove delle 4 dita presenti, il secondo e il terzo sono rivolti in avanti, il primo e il quarto all’indietro così da consentire una facile presa, sui rami degli alberi; la parte superiore del becco mobile rispetto alle ossa del cranio; la coda composta da 12-14 timoniere; la presenza di “spolverini” sparsi su tutto il corpo detti anche piumini polverosi che producono una polvere finissima, bianca, untuosa al tatto che si spande sul piumaggio e, che proviene dalle cellule terminali delle barbe che si sgretolano e si frammentano dopo aver raggiunto un certo sviluppo.
Tale piume, sostituiscono funzionalmente una ghiandola (che è tipica in altri uccelli, soprattutto quelli acquatici: di palude e marini) chiamata Uropigio o Codrione, assente nei Psittaciformi, che ha la funzione di secernere sebo, una sostanza untuosa che rende impermeabili le piume all’acqua.
Infine la presenza di una membrana carnosa alla base del becco, dove si aprono le narici, è un altro carattere comune. Omogenee sono anche le abitudini di questi animali a vita per lo più arboricola, e la loro fisiologia riproduttiva.
A tale proposito, descriviamo qui il sistema riproduttivo femminile e maschile che è equivalente nei Psittacidae, nei Cacatuidae e negli Strigopidae.
Nei maschi, i 2 testicoli (che sono interni) sono piccoli e di forma ovoidale e, si trovano in vicinanza della porzione cefalica dei reni.
Come nella maggior parte degli uccelli, gli Psittaciformes non sono dotati di pene erettile per la copulazione, ma solo di una cloaca estroflettibile, che avvicinano alla corrispettiva delle femmina, per far passare il liquido seminale durante le fasi di accoppiamento. I rari uccelli la cui cloaca è provvista di un pene erettile, appartengono infatti ad ordini più antichi, come Struzionidi e Anseriformi.
Durante la stagione riproduttiva (come accade per le ovaie delle femmine), per rendere più efficace l’accoppiamento, i testicoli possono aumentare da 200 a 300 volte le loro dimensioni, sotto l’effetto del testosterone e suoi derivati metabolici. Questa capacità delle gonadi di aumentare e diminuire di volume, risulta una strategia evolutiva vincente, perché passata la stagione degli amori, permette agli animali di ridurre il peso e volare meglio.
Il sistema riproduttivo della femmina, è anzitutto caratterizzato dal fatto che solamente l’ovario sinistro e il suo ovidotto sono biologicamente sviluppati e funzionanti. Quello destro è atrofizzato, come per quasi tutti gli ordini di uccelli. Solo nei falconiformi si può avere anche lo sviluppo dell’ovario destro, che però non è fisiologicamente funzionante.
L’ovidotto è suddiviso in 5 regioni. Una Apertura Infundibulare, con un ostio d’ingresso a forma d’imbuto, che riceve l’ovocellula matura proveniente dal follicolo ovarico, la cui apertura è regolata dagli estrogeni durante la stagione riproduttiva. Un secondo tratto d’ovidotto, chiamato Magnum, dove viene secreto la maggior parte dell’albume che circonda l’uovo in sviluppo. Un terzo tratto, corrispondente all’Istmo, che secerne i materiali e le sostanze calcaree deputate alla formazione del guscio. Una quarta regione, l’Utero, dove viene raccolto l’uovo, viene deposto altro albume (la fascia più esterna), una membrana testacea, altro calcare per il guscio, e vengono elaborati i pigmenti (nel caso degli ordini di uccelli in cui le uova sono colorate) di deposito nel guscio. Negli Psittaciformes le uova sono generalmente bianche. L’ultima regione è la Vagina, ricca di ghiandole mucose e una forte struttura muscolare, che serve all’espulsione dell’uovo durante la covata. In genere Psittacidae, Cacatuidae e Strigopidae depongono uova rotonde, bianche o debolmente rosate, in numero elevato, spesso da 3-10 per covata.
Come avviene per la maggior parte dei rettili, queste sono Cleidoiche, cioè a guscio rigido, poroso, che permette gli scambi gassosi con l’atmosfera, proteggendo, al suo interno, lo sviluppo dell’embrione. Una struttura vincente per la riproduzione esterna, che ha permesso ai rettili ed agli uccelli la conquista dell’ambiente terrestre e subaereo.
In seguito, coi mammiferi, l’evoluzione ha creato le condizioni per la riproduzione interna: intrauterina completa, nei mammi- feri placentati, e in parte uterina e in parte in una tasca incubatrice, nei marsupiali.
Negli Psittaciformi in genere il numero delle uova è inversamente proporzionale alle dimensioni dell’uccello. Più è grande, minore è il numero di uova prodotte; più è piccolo, più aumentano le uova nel nido.
Questo viene costruito, secondo i casi, in tane del terreno, in crepacci rocciosi o anche in cavità degli alberi. Alcune specie scavano il loro nido nei nidi delle termiti; altre, come il Monaco (Myopsitta monachus), si riuniscono in gruppi per costruire un numero elevato di nidi, tutti su di uno stesso albero. Complessi che a volte raggiungono una tale dimensione da spezzare i rami.
La covata, di cui si occupa la femmina, ha una durata media di 20 giorni, ma può anche essere più breve o superare il mese, secondo la specie.
Alla schiusa delle uova, si produrrà una prole altriciale-inetta, contrapposta a quella atta-presociale, tipica degli uccelli ratiti, come ad esempio accade nei Galliformi (Gallus gallus domesticus o il tacchino Meleagris gallopavo), negli Struzionidi (Struthio camelus), nei Casuariformi (Casuario bennetti ), nei Reiformi (Rhea americana) etc. dove, alla schiusa delle uova, i pulcini risultano autonomi per la nutrizione e per la deambulazione. Specie, per questo, dette anche nidifughe.
Nel caso della prole altriciale-inetta, come negli Psittaciformes e nella maggior parte degli uccelli atti al volo, i pulcini devono invece essere nutriti per rigurgito del cibo da uno o entrambi i genitori (qui di solito è il padre che se ne occupa), e non sono in grado di volare o camminare. Rimangono nel nido per una parte della loro esistenza, e vengono per questo dette nidicole.
Gli Psittaciformi nascono privi di pelo, immaturi nella struttura scheletrica, e presentano una tinta chiara, anche il becco e gli artigli. Nello spazio di qualche giorno, ricoprono il corpo e la testa di un piumino leggero, transitorio, precedente il piumaggio maturo. La maturità sessuale (che può variare da 3 a 5 anni a secondo della specie e in ragione sesso specifica) è coordinata alla maturazione del piumaggio completo e definitivo. La femmina cova i suoi piccoli, soprattutto di notte, mentre durante il giorno si predispone alla nutrizione e attività ludiche.
Molte specie di pappagalli sono state minacciate, negli ultimi anni, oltre che per la loro bellezza, per la capacità che hanno d’imitare la voce umana e altri suoni. Ne è nata una caccia intensa, insensata, per farne degli animali domestici, come accade per le Gracule religiose, che appartengono alla famiglia degli Sturnidi.
Si è sostenuto che il pappagallo non comprenda affatto ciò che traduce in voce o suono. Da un attento studio etofisiologico, risulta che associa parole e suoni agli avvenimenti e alle persone allo stesso modo di un bambino di circa due anni.
Altri etologi pensano che il pappagallo, buon imitatore quand’è addomesticato, non imiterebbe alcunché trovandosi in libertà. Altri che parli per “ragioni d’amore” adattandosi, per vincere la solitudine, al linguaggio degli umani. Le ipotesi non sono agevolmente verificabili.
Negli Psittacidi il dimorfismo sessuale è praticamente inesistente, dal punto di vista morfologico. Spesso per il sessaggio dell’animale, si fa uso o di tecniche laparoscopiche, oppure di analisi del DNA del piumaggio o dall’analisi del cariotipo (struttura, numero e forma dei cromosomi), ricordando che negli uccelli il sesso eterogametico è quello femminile con 2 eterocromosomi (cromosomi sessuali) WZ, quello omogametico è maschile con una coppia di eterocromosomi ZZ, in maniera equivalente ai lepidotteri e alcuni rettili. Mentre nei mammiferi l’eterogametia è maschile con eterocromosomi XY e l’omogametia è femminile con etrocromosmi XX.
L’alimentazione e l’ecologia alimentare hanno indicato che questi uccelli sono frugivori, granivori (semi freschi e secchi) e fitofagi. Il sistema gastrointestinale presenta quindi una linea generale anatomo-fisiologica equivalente in molti aspetti a quella di altri uccelli a stesso regime alimentare.
Descrivendolo, esso consiste di ghiandole mucose presenti nella bocca, atte alla lubrificazione del cibo in ingresso (bolo alimentare), soprattutto quello secco, come i semi.
L’Esofago, consta di un tubo muscoloso costituito da ghiandole mucose ed espanso alla base in un gozzo chiamato Ingluvie la cui funzione è quella di immagazzinare cibo, ingoiato rapidamente per essere poi digerito. Questo garantisce all’uccello di mangiare rapidamente, in modo da esporsi ad eventuali predatori il minor tempo possibile.
Sia nell’Esofago che nelle Ingluvie non inizia nessun processo digestivo. Tale funzione è specifica dello Stomaco, che in tutti gli uccelli risulta diviso in due parti, la cui grandezza relativa varia da specie a specie.
La parte anteriore di esso è chiamata Proventriglio o Stomaco Ghiandolare la sua parete poco spessa è costituita da ghiandole deputate alla elaborazione e secrezione di acido cloridrico (HCl) dette ghiandole Ossintiche, e ghiandole che producono e secernono enzimi proteolitici, in questo ambiente avvengono i processi di digestione chimica degli alimenti, dove a un pH estremamente acido, intorno 2, vengono digeriti tutti i tipi di semi, o anche ossa di vertebrati, gusci di conchiglie, etc.
La parte posteriore dello stomaco è chiamato Ventriglio le pareti sono spesse e muscolari, per questo è chiamato anche Stomaco Muscolare. Al suo interno avviene la macinazione e triturazione del cibo, è più sviluppato negli uccelli fitofagi, granivori, i quali spesso ingoiano anche sassolini, sabbia che all’interno del Ventriglio contribuiranno alla sua triturazione.
L’intestino a differenza dei mammiferi, non ha una netta distinzione tra piccolo e grande intestino, ma nel punto dove avverrebbe questo passaggio anatomico, sono negli uccelli presenti un paio di Ciechi o Diverticoli a fondo cieco, il cui scopo è quello di riassorbire acqua dal chimo alimentare.
In ultimo il contenuto fecale dei ciechi essendo quasi privo d’acqua, perchè riassorbita, è eliminato separatamente da quello delle altre feci e ha una colorazione nera intensa. Si calcola che per ogni 10 eiezioni di feci dell’animale avvenga l’evacuazione cecale.
Nel contempo negli uccelli, esiste anche un altro meccanismo che riduce la perdita di acqua, in quanto sono detti organismi Uricotelici (cioè producenti Acido Urico o Urato, che risulta la forma chimica più utile nella quale viene eliminata l’orina) per due ragioni di ordine fisiologico ed ecologico.
La prima perché l’Urato risulta molto più concentrabile (permettendo il riassorbimento di acqua più facilmente e con minore consumo energetico) dell’Urea eliminata dai mammiferi compreso l’essere umano (infatti sono per questo definiti organismi Ureotelici), la seconda è che l’Acido Urico risulta molto meno tossico per essere rilasciato in ambiente terrestre, dell’Ammoniaca (NH3) utilizzata dai Pesci e Anfibi che sono detti Ammoniotelici, i quali rilasciandola in acqua ne garantiscono la diluizione.
Come sembra gli animali e le piante, tengono in considerazione e rispettano l’ambiente in cui vivono, lo stesso non sempre lo si può dire per gli esseri umani. In sostanza si dice che gli Uccelli orinano solido (la porzione bianco-giallastra) che si vede nei loro escrementi.
Infine l’intestino termina con una Cloaca, che è divisa ad opera di creste cartilaginee in una parte anteriore per le feci detta Coprodeo, una intermedia per i prodotti urinari e genitali, detta Urodeo, ed una posteriore per l’accumolo finale delle feci e la loro eiezione, detta Proctodeo.
La digestione negli Uccelli risulta molto veloce, questo serve ad evitare che durante il volo essi aggravino il loro peso corporeo con masse alimentari eccessive, che significherebbe un dispendio di energia eccessivo.
Il sistema Cardiovascolare è completo e doppio (cioè esiste una componente venosa e una arteriosa autonome e separate) il cuore risulta costituito da 4 cavità (2 atri e 2 ventricoli) separati da setti anatomico-funzionali (setto inter-ventricolare, setto inter-atriale) sono presenti 2 coppie di valvole (una coppia atrio-ventricolare e una coppia deputata alla connessione e regolazione di flusso sanguigno dal miocardio verso la circolazione sistemica e polmonare).
Il sistema respiratorio consta di una faringe, laringe, in continuazione con una trachea diramata in 2 sacche polmonari a fondo cieco che si espandono però (a differenza dei mammiferi e altri vertebrati) in Sacche Aeriferee presenti in tutto il corpo che immagazzinano aria ricca in Ossigeno (O2) i quali volumi, saranno riposti nelle sacche polmonari durante la fase di espirazione, in modo che vi sia sempre aria ricca in O2, tale che tutti gli organi (quindi i muscoli deputati al volo) siano sempre regolarmente garantiti del fisiologico apporto di O2 mediante gli scambi gassosi con il sangue presente nella circolazione polmonare.
L’areale dei Psittacidi può raggiungere dimensioni ragguardevoli, anche dell’ordine dei 57 km2, ma come sempre, l’essere umano ha messo del suo nel complicare la vita a questi meravigliosi animali, con il disboscamento di foreste e giungle, restringendo i loro areali vitali. Attualmente molti paesi regolano o proibiscono addirittura l’importazione dei pappagalli presi in natura. La gran parte delle specie che si trovano attualmente sul mercato sono dunque perfettamente acclimatate.
La cosiddetta Psittacosi rappresenta una delle patologie per eccellenza a carico dei pappagalli e altri uccelli che ha comportamento di zoonosi, di malattia cioè trasmissibile dall’animale all’uomo (l’agente patogeno è Chlamydophila psittaci, precedentemente Chlamydia psittaci ) un piccolo batterio parassita intracellulare, descritto per la prima volta nel 1907, e a quel tempo erroneamente considerato come un virus a causa della sua incapacità di crescere in mezzi di cultura artificiali). Bisogna precisare però che sebbene in qualche caso ciò si sia verificato, in realtà questa malattia che infetta i polmoni ha un’origine ben diversa, infatti il più delle volte i ceppi batterici che infettano i psittaciformi provengono da animali domestici, soprattutto piccioni. Tanto è vero che oggi non si parla più giustamente di Psittacosi, ma di Ornitosi, ovverosia di infezione trasmessa dagli uccelli in generale. È provato, in moltissimi casi almeno, che se i pappagalli sono portatori di questo agente patogeno essi sono stati a loro volta infettati da altri animali domestici
- La pulizia scrupolosa, l’alimentazione corretta e in genere tutte le attenzioni per mantenere i pappagalli in buona salute (con un controllo veterinario costante) sono anche un elemento di sicurezza per chi li tiene in cattività e costituiscono la garanzia, quasi assoluta, per evitare spiacevoli infezioni.Naturalmente sarà opportuno evitare quegli eccessi di confidenza con gli animali, che sono purtroppo frequenti nel caso dei pappagalli, per i quali i nostri ospiti vengono troppo spesso in contatto con noi.Tuttavia, soprattutto con i bambini, se osserveremo quel minimo di norme igieniche che sempre dovremmo osservare nel contatto con altri esseri viventi, i rischi di infezione, di qualunque tipo, saranno assolutamente trascurabili e certamente comunque non maggiori di quelli che si hanno avvicinando persone affette da raffreddori, influenza o altre malattie infettive.