Cactus della notte : fioriscono appena fa buio e cadono all’alba

Scopriamo i cactus che fioriscono dopo il tramonto, quando fanno la loro comparsa le farfalle notturne che li impollinano. Come coltivarli da noi.

 

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Testo © Giuseppe Mazza

 

Ogni pianta ha una sua ora per fiorire.

Le corolle, l’apparato pubblicitario dei fiori per sedurre i pronubi, non si aprono infatti a caso, ma solo quando il rispettivo impollinatore è di ronda. Tutto il giorno, se come nella maggior parte dei casi si tratta d’insetti diurni, ma anche al crepuscolo o a notte fonda, quando i “clienti” sono nottambuli, per scelta di vita o per necessità.

Così nel deserto dell’Arizona i saguari affidano la loro progenie ai pipistrelli; e nelle torride regioni del centro America, dove di giorno fa troppo caldo per volare, i cactus fanno di tutto per farsi notare dalle farfalle notturne.

Corolle generalmente bianche, larghe fino a 30-40 cm, facilmente visibili da lontano nel chiaror lunare, e cosa insolita per dei cactus, intensi profumi.

La fragranza della Stetsonia coryne permette così alle falene di trovare in pochi minuti, all’olfatto, la strada verso i suoi modesti petali rosati che spuntano isolati, fra le spine, su fusti di 4-5 m d’altezza.

Nei nostri climi mediterranei, ma anche a Milano in una veranda ben esposta, si può aver la gioia d’ospitare queste piante che, come sottolinea Jean-Marie Solichon, direttore del celebre Jardin Exotique del Principato di Monaco, vantano i fiori più grandi ed effimeri della famiglia.

Cactus anomali, contro corrente, che rinunciano alle tipiche corolle sgargianti, che durano anche 4-5 giorni, aprendosi nelle ore più calde, quando il sole è allo zenit, per una sola notte d’amore regolata da precisi bioritmi.

I primi a fiorire, al crepuscolo, sono i Cereus; poi fra le 22 e le 23 i Selenicereus e gli Hylocereus; e solo dopo mezzanotte gli Epiphyllum che si fanno attendere per aprire quasi a vista d’occhio, in una mezz’ora, le loro grandi corolle pirotecniche.

Poche ore a disposizione per le nozze, e poi tutti questi fiori, fecondati o no, cadono per sempre.

C’è di che stuzzicare le brame dei collezionisti, anche se non si tratta purtroppo sempre di piante facili. Anzitutto l’ingombro.

Il ben noto Cereus peruvianus monstruosus, venduto spesso in “vasetti a perdere”, destinati a languire in casa per mancanza di luce, marciumi alle radici o spettacolari attacchi di cocciniglie, ha sfiorato nei giardini del casinò di Monte Carlo i 10 m d’altezza; e quei bei cactus lanosi, i Cephalocereus senilis, di coltura tanto difficile da dover essere innestati fin da piccoli su piedi d’Opuntia, possono raggiungere in natura gli 8 m.

In spazi limitati, meglio quindi accontentarsi di piante più modeste, come il Trichocereus schickendantzii che raramente raggiunge i 2 m, o l’Epiphyllum oxypetalum con fusti piatti, simili a foglie, e fiori ricadenti. Nato per le posizioni a mezz’ombra, si adatterà benissimo ad una veranda.

Vi è poi un vasto gruppo di rampicanti. La Pereskia aculeata, un cactus con le foglie e con fiorellini modesti che si trasformano in grappoli di graziosi fruttini giallo arancio, cresce come una bougainvillea addossata ai muri; e ben si prestano ai giardini rocciosi i Selenicereus, gli Hylocereus, le Monvillea, e le Harrisia, dai fusti rampicanti o striscianti a mo’ di serpenti.

Gli Hylocereus forniscono anche gustosi frutti commestibili, leggermente ovali, di oltre 10 cm di diametro. Noti in Messico col nome di pitahaya vengono coltivati ai tropici su vasta scala, come le nostre arance, e fruttificano anche al Jardin Exotique dove un vecchio esemplare ramificato ha scalato come niente, per 15 metri un roccione a strapiombo sul mare.

Le persiane ripiegate del balconcino del mio studio, a Monte Carlo, ospitano da anni due specie analoghe con fusti più sottili. Hanno sviluppato qua e la delle robuste radici avventizie che s’infilano negli interstizi del legno e permettono alla pianta d’arrampicarsi.

All’inizio dell’estate sfornano un fiore via l’altro, in cambio di qualche annaffiatura al piede e generose nebulizzazioni alla persiana.

COLTIVAZIONE

Come quasi tutti i cactus, Epiphyllum a parte, tutte queste piante hanno bisogno di molto sole, un terreno leggero, sabbioso e calcareo, povero d’azoto, visto che, tolta la Pereskia non debbono fabbricare foglie, ma ricco di fosforo e potassio.

In pratica, raccomanda Jean-Marie Solichon, un fertilizzante per alberi da frutto. E contrariamente a quanto si crede, occorre anche un adeguato apporto idrico.

Il fatto che i cactus temano ristagni alle radici, e richiedano un drenaggio perfetto, non vuol dire che si debbano annaffiare col contagocce.

D’inverno, quando vanno a riposo, basta in genere un intervento al mese, ma d’estate, specie in piccoli vasi, su un terrazzo assolato devono essere bagnate almeno 2-3 volte alla settimana.

In natura le radici scendono in profondità, e nei punti strategici, accanto ai massi, raccolgono la rugiada del mattino; ma in un vasetto di pochi centimetri, asciutto e compatto, possono morire in breve per asfissia.

Le varietà più freddolose, specie dove piove d’inverno, hanno bisogno di una pensilina o di una serra improvvisata con dei teli di plastica forati per l’aerazione. E le piante messe al riparo in una veranda, andranno poi esposte gradualmente al sole per evitare antiestetiche bruciature.

Da non dimenticare, specie per il gruppo dei Cereus, periodici trattamenti contro le cocciniglie che possono facilmente installarsi fra le pieghe dei fusti.

RIPRODUZIONE

I semi dopo una notte d’ammollo in acqua tiepida, si spargono sulla sabbia umida, fra maggio e luglio, a temperature non inferiori ai 21 °C, in una terrina coperta da un vetro opacizzato con della calce, che si può lasciare anche al sole. Ma quando spuntano le piantine, l’ambiente va progressivamente arieggiato.

Più rapida e vantaggiosa è la propagazione per talea. In natura gli articoli di molte specie come gli Hylocereus si staccano spontaneamente radicando al suolo; e in coltura basta prelevarli con un buon paio di guanti e una lama, lasciar cicatrizzare la ferita, all’ombra, in un ambiente caldo e ben aerato, appendendo i fusti a testa in giù, prima d’infossarli dopo una o due settimane secondo il diametro del taglio, in un terreno sabbioso non troppo umido.

Ma per ammirare i primi fiori occorre molta pazienza, spesso degli anni.

 

GARDENIA – 1996

 

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