Famiglia : Sicariidae
Testo © Prof. Santi Longo
L’Aracnide Araneide (Loxosceles rufescens Dufour, 1820), noto come Ragno violino, afferisce alla famiglia Sicariidae che include specie dal corpo marrone o bruno-giallastro, dotate di tre paia di occhi.
Il nome di questa famiglia deriva dal latino “sicarium”, sicario, assassino, termine con il quale gli antichi romani indicavano i terroristi Zeloti che uccidevano per terrorismo, o su commissione, usando una corta spada ricurva detta “sica”, con riferimento alle punture velenose che i Sicaniidi praticano nel corpo delle prede per ucciderle.
Una componente letale è la sfingomielinasi D che fa necrotizzare i tessuti punti.
Le oltre 160 specie di Sicaridi sono suddivise nei tre generi Hexoophtalma Karsch, 1879, Sicarius, Walckenaer, 1847 e Loxosceles, Heineken e Lowe, 1832.
Il genere, che include oltre 100 specie, in Nord-America è presente con la velenosissima Loxosceles reclusa Gertsch & Mulaik.
Il nome specifico rufescens fa riferimento al colore del corpo.
Zoogeografia
Loxosceles rufescens è ritenuto di origine africana, ma da epoche remote è presente nei Paesi del Bacino mediterraneo, ed è ormai considerato cosmopolita nelle zone temperate, per trasporto passivo con gli scambi commerciali.
È diffuso in Nord Africa, in Francia, nelle Penisole iberica e balcanica, ed è stato introdotto in USA e Asia.
In Italia, dove la sua presenza è documentata da oltre 100 anni, è ritenuto responsabile di alcuni i casi di mortalità umana, conseguenti ai suoi morsi, sui quali però non esiste una accurata documentazione scientifica.
Ecologia-Habitat
Loxosceles rufescens sopravvive in ambienti in cui le temperature sono comprese fra 8 e 43 °C; ed è in grado di resistere a lunghi periodi siccitosi senza alimentarsi.
Nelle zone temperate calde il Ragno violino vive all’aperto, nei cunicoli, nelle fessure degli alberi, nel terreno, sotto sassi e in ripari vari, da dove esce la notte, per predare formiche, collemboli e altre specie di criptozoi che vivono nel suolo. Nelle zone più fredde si rifugia negli edifici, soprattutto se riscaldati, con preferenza per cantine, solai, e ambienti poco frequentati.
Le prede più comuni di Loxosceles rufescens sono: formiche, blatte, mosche, pesciolini d’argento e altri piccoli animali sinantropici che, di norma, cattura direttamente senza ausilio della ragnatela.
La femmina tesse nel nido un giaciglio disseminando fili sericei.
Ha costumi notturni e non è aggressivo nei confronti dell’uomo preferendo fuggire se avverte il pericolo. Nelle abitazioni, si rifugia nelle cantine, nei ripostigli e nei solai e nelle screpolature, spesso penetra negli armadi, nei cassetti e nei battiscopa.
Da tali ricoveri si trasferisce sui tessuti di tendaggi e di capi di abbigliamento lasciati a terra, o dentro le calzature. Solo se viene calpestato, o compresso, anche involontariamente si difende pungendo e spesso iniettando anche il veleno.
Morfofisiologia
Il corpo, di colore marrone giallastro poco appariscente, misura circa 7 mm nei maschi e da 9 a 10 mm nelle femmine, raggiungendo 5-6 cm comprese le zampe.
La parte anteriore del corpo, o prosoma, è appiattita e, oltre ai sei occhi, presenta i cheliceri provvisti di deboli chele, il cui artiglio terminale, lungo 0,6-0,8 mm, inocula il veleno dopo la puntura. Tale secrezione immobilizza la vittima e avvia la digestione dei tessuti degli organi interni, che verranno poi ingeriti dal predatore.
Nella parte dorsale è presente una caratteristica macchia scura, molto simile alla sagoma di un violino. Le quattro paia di zampe, disposte lateralmente, sono molto lunghe e appiattite.
Nella regione addominale del corpo, od opistosoma, che è più ristretta del prosoma, sboccano le filiere connesse con le ghiandole serigene; poco più in alto delle filiere si trova l’apertura anale e più in basso quella genitale.
Etologia-Biologia Riproduttiva
Loxosceles rufescens ha abitudini crepuscolari o notturne ed è schivo, non aggressivo, prediligendo la fuga all’aggressione. Il morso è indolore e solo dopo alcune ore compaiono i sintomi.
Gli accoppiamenti iniziano in estate; i maschi, durante la notte, lasciano il loro rifugio alla ricerca dei ricoveri delle femmine e, per evitare di essere uccisi e mangiati, compiono caratteristici movimenti sui fili sericei posti davanti al ricovero della compagna. Dopo un breve corteggiamento avviene il rapido accoppiamento.
La femmina fecondata di Loxosceles rufescens costruisce nel nido un piccolo sacco ovigero simile a un bozzolo biancastro dove, dopo una settimana, depone da 20 a 50 uova che schiudono in una settimana circa; i nuovi nati, simili agli adulti, restano vicino alla ragnatela materna fino al compimento della seconda muta.
Nei 6-7 mesi successivi compiono altre 5-6 mute prima di diventare adulti che vivono in media 2-4 anni; tuttavia, in condizioni ottimali di laboratorio, gli adulti possono vivere anche 10 anni.
Solo gli adulti possono mordere gli uomini ma non procurano alcun dolore immediato; per cui, spesso, sono i sintomi a far capire se col morso è stato iniettato il veleno citotossico che ha azione necrotica sulle cellule dei tessuti attorno alla ferita. La citotossina inoculata può avviare il cosiddetto loxoscelismo eritematoso o necrotico, con formazione di ulcere che possono estendersi per alcuni centimetri e che, con adeguato trattamento medico tendono a guarire dopo molte settimane.
Con la puntura Loxosceles rufescens può veicolare Batteri anaerobi che provocano la lisi dei tessuti. Nei casi più gravi, per fortuna molto rari, possono seguire, febbre alta, ecchimosi, emorragie, danni muscolari e renali.
Sinonimi
Loxosceles compactilis Simon, 1881; Loxosceles distincta (Lucas, 1846); Loxosceles indrabelbes Tikader,1963; Loxosceles marylandica Muma, 1944.