Famiglia : Gesneriaceae
Testo © Pietro Puccio
La specie è originaria dell’Asia tropicale dove vive nelle foreste umide.
Il nome del genere deriva dal nome locale indostano di una delle specie; il nome specifico latino fa riferimento alla somiglianza del colore dei fiori con quello della lavanda (Lavandula angustifolia).
Nomi comuni: Hindustan gentian, lavender chirita (inglese).
La Chirita lavandulacea Stapf (1925) è una erbacea annuale eretta, che non supera di norma 50 cm, con foglie opposte ellittiche di colore verde chiaro, piuttosto delicate, tomentose, lunghe 5-18 cm e larghe 3-10 cm, con margini dentellati.
I fiori, ascellari, appaiono in estate-autunno, sono ricurvi, imbutiformi, di circa 3 cm di diametro, di colore lavanda chiaro con gola bianca.
I frutti sono capsule lunghe circa il doppio dei fiori e contenenti numerosi semi.
Si riproduce per seme nel tardo inverno-inizio primavera in substrati costituiti prevalentemente da sabbia silicea grossolana, agriperlite, vermi- culite o altro materiale molto drenante, sotto vetro o diverso materiale trasparente per mantenere un alto tasso di umidità, ad una temperatura di 20-22 °C.
La posizione deve essere molto luminosa, ma non al sole diretto. Si può riprodurre pure per talea, anche di foglia, in primavera.
È una specie poco diffusa, coltivata in genere dagli appassionati di gesneriacee, richiede una posizione in ombra parziale e suoli ricchi di humus con aggiunta di sabbia silicea grossolana o agriperlite per circa il 30 % per migliorare il drenaggio.
Necessita di una elevata umidità ambientale, è quindi adatta a climi tropicali e subtropicali umidi, anche se, trattandosi di una pianta annuale, può essere coltivata in un’ampia varietà di climi, escluso i più rigidi, avendo cura di fornire il giusto grado di umidità dell’aria e mantenere costantemente umido, ma senza ristagni che possono essere deleteri, il substrato.
Per le piante coltivate in vaso in ambienti piuttosto secchi, l’umidità può essere aumentata poggiando il vaso su un largo sottovaso riempito di argilla espansa, o pietrisco, con uno strato d’acqua, non a diretto contatto col fondo del vaso; vanno evitate le nebulizzazioni che danneggiano facilmente le foglie.
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