Famiglia : Vespidae
Testo © Prof. Santi Longo
Il Calabrone europeo, che è il Vespide di maggiori dimensioni presente in Europa, è stato descritto da Linneo nel 1758, come Vespa crabro, utilizzando il termine Vespa probabilmente derivato da radice indo-europea VAP-VABH, col senso di muoversi qua e là o svolazzare.
L’epiteto specifico è derivato da “crabro, crabronis”, che in latino significa calabrone.
La sottofamiglia Vespinae include i quattro generi: Dolichovespula, Provespa, Vespa e Vespula.
Tutte le specie sono sociali e formano colonie più o meno numerose, alcune sono parassite di altre vespe nei cui nidi si introducono e, prima di ovideporre, uccidono la femmina feconda e schiavizzano le operaie costringendole ad allevare le proprie larve.
Zoogeografia
La specie è ampiamente diffusa in quasi tutta Europa e la sua geonemia si spinge fino alla Cina, alla Corea e al Giappone.
Nel Nord America è presente in alcune zone meridionali del Canada e in quelle di numerosi Stati USA: Florida, Alabama, Georgia, Carolina del sud e del nord, Tennessee, Wyoming, Dakota del nord e del sud, Iowa, Nebraska, Minnesota, Wisconsin, Michigan, Illinois, Indiana, New York, Kentucky, Virginia e Pennsylvania. In Guatemala è stato raccolto un solo esemplare di vespa operaia.
Ecologia-Habitat
Nell’ampia area di diffusione il Calabrone si è adattato a vivere anche negli ambienti antropizzati e a visitare varie specie di piante con fiori nettariferi e altre fonti zuccherine delle quali si alimentano soprattutto gli adulti, nonché a predare numerose specie di insetti che cattura sui fiori o in volo per ricavare dal tessuto muscolare, finemente masticato, le sostanze proteine con le quali le operaie alimentano le larve carnivore.
Il ruolo ecologico dei Calabroni è importante e, in alcuni Paesi europei, è protetto o tutelato poiché, durante la primavera e l’estate, le operaie bottinatrici eliminano numerosi insetti nocivi afferenti a vari ordini; tuttavia, in estate rodono più o meno superficialmente gli acini d’uva, nonché pere, mele, pesche, kaki e altri frutti ricchi di zuccheri.
Inoltre, nel periodo autunnale, le loro principali prede sono le api mellifere e spesso saccheggiano e causano lo spopolamento degli alveari deboli. A differenza della più piccola Vespula germanica, le operaie del Calabrone, tendono ad allontanarsi dall’uomo, e utilizzano il pungiglione e le mandibole, solo se avvertono una minaccia per il nido. I maschi non hanno il pungiglione e, se aggrediti, si difendono mordendo con le potenti mandibole.
In relazione all’isolamento delle popolazioni, dovuto alle barriere geografiche presenti nell’ampio areale di diffusione, sono state descritte le seguenti sottospecie: Vespa crabro crabro Linnaeus, 1758; Vespa crabro vexator Harris,1776; Vespa crabro germana Christ, 1791, che è la sola presente in Europa centrale; Vespa crabro crabroniformis Smith, 1852; Vespa crabro oberthuri Buysson, 1902; Vespa crabro flavofasciata Cameron, 1903; Vespa crabro altaica Perez, 1910; Vespa crabro caspica Perez, 1910 e Vespa crabro birulai Bequaert, 1931.
Morfofisiologia
Vespa crabro è una specie sociale che presenta polimorfismo di casta.
Le femmine feconde, denominate regine, sono lunghe da 3,5 a 5 cm; le femmine sterili (operaie) e i maschi misurano intorno ai 3 cm.
Le principali caratteristiche morfologiche e cromatiche della specie sono così riassumibili.
Il capo è grande, di colore bruno giallastro; il clipeo, area posta fra le mandibole e la base delle antenne, presenta una grossolana punteggiatura; gli occhi composti sono grandi; le antenne di tipo genicolato; sono di colore rossiccio.
Il torace peloso, è poco più lungo del capo e come le zampe deambulatorie, è di colore brunastro, con sfumature marrone-rossastro.
Le ali dal colorito fumoso, sono slanciate e strette, hanno consistenza membranacea, e consentono il volo rapido.
Al terzo segmento toracico (metatorace) è intimamente connessa la parte dorsale del primo segmento dell’addome (primo urotergite).
L’addome è di tipo peduncolato per la presenza del restringimento del primo uro-tergite, il che consente una notevole mobilità all’addome apparente, denominato gastro. Quest’ultimo è costituito dai segmenti addominali successivi al primo e nelle femmine reca l’ovopositore che è connesso alle ghiandole del veleno.
La zona dorsale del primo segmento del gastro presenta una stretta fascia apicale gialla; il secondo uro-tergite, di colore bruno, ha una larga fascia apicale gialla, il terzo, il quarto e il quinto tergite sono gialli con ai lati due macchie nerastre a forma di goccia.
Nella parte centrale del terzo tergite è presente anche una macchia di forma triangolare. Il sesto tergite è giallo.
Le appendici presenti nei segmenti ottavo e nono, denominati uriti genitali, nelle femmine formano l’ovopositore trasformato in aculeo o pungiglione. Questo apparato pungente è costituito da due lancette di pertinenza dell’ottavo urite e dallo stiletto, formato dalla fusione delle valve del nono segmento. Tali appendici, normalmente retratte nell’addome, vengono estroflesse all’atto della puntura.
A differenza del seghettato pungiglione delle Api mellifere (Apis mellifera), quello delle vespe è dotato di minuscoli dentelli e, dopo la puntura, può essere estratto anche dagli elastici tessuti dei mammiferi.
Pertanto i Calabroni, possono pungere più volte, iniettando la piccola quantità di veleno, letale per i piccoli aggressori e le prede. Pericolose per l’uomo sono soprattutto le punture negli occhi e nella bocca.
Il veleno contiene sostanze proteiche e soprattutto istamina, che provoca la vasodilatazione attorno alla puntura e causa eritemi ed edemi di varia gravità; negli individui allergici possono verificarsi anche ipotensione, tachicardia, edema della glottide fino allo shock anafilattico.
Un primo sollievo è dato dalle applicazioni di acqua a 50 °C, che scinde le molecole di istamina, attenuando il dolore, azione simile ha il ghiaccio.
Le persone allergiche al veleno debbono ricorrere ai Kit di pronto soccorso a base di antistaminici, o a iniezioni di adrenalina autoiniettabile, prima che si scateni la reazione allergica che di solito si manifesta dopo alcuni minuti.
Etologia-Biologia Riproduttiva
Il Calabrone forma società annuali destinate a dissolversi durante l’autunno e l’inverno.
Solo alcune femmine fecondate superano l’inverno al riparo di fessure di rocce, nelle cavità di tronchi e persino nelle soffitte.
In primavera escono e vanno alla ricerca di sostanze zuccherine delle quali si alimentano, parallelamente esplorano vari siti per individuare quello più idoneo per ospitare il loro nido. Solo in casi eccezionali lo costruiscono all’aperto, appeso al ramo di un albero.
Prima di iniziare la costruzione raccolgono, sfibrano e riducono in minuscoli frammenti il legno di varie piante che impastano con il secreto delle ghiandole salivari trasformandolo in una sorta di pasta di cellulosa simile al cartone.
Nel sito idoneo la femmina forma una sferetta del diametro di circa 7-8 millimetri che attacca al supporto. Successivamente incolla alla prima altre sferette e le modella per formare un resistente peduncolo alla cui estremità costruisce le prime cellette a forma di prisma esagonale, con l’apertura rivolta verso il basso.
Le cellette vengono sormontate da una coppa protettiva, sostenuta dai fondi delle cellette stesse; all’interno di ciascuna di esse depone un uovo che schiude dopo alcuni giorni.
La larva neonata ha l’estremità del corpo attaccata al fondo della celletta e viene costantemente alimentata con pappe proteiche che la femmina ottiene riducendo in poltiglia i corpi delle prede che incessantemente cattura in volo.
Le larve hanno uno sviluppo rapido e, dopo aver compiuto tre mute si trasformano in pupe entro le cellette che la madre provvede a sigillare.
Le larve mature secernono fili sericei, prima di trasformarsi in pupe e, nell’arco di un altro paio di settimane, sfarfallano le vespe adulte. In totale dall’ovideposizione allo sfarfallamento passano in media 45 giorni.
Le prime vespe adulte sono tutte femmine sterili e hanno il compito di ripulire le cellette, di aiutare la madre nonché di difendere e ingrandire il nido.
Sostituiscono la prima coppa protettiva con una irregolare di forma sferica o ellissoidale formata da sottilissimi strati cartacei, leggermente distanziati che costituiscono un involucro coibente molto efficiente, atto a mantenere la temperatura interna intorno ai 30 °C; sul fondo di tale involucro è presente il foro d’uscita.
Dopo la nascita delle prime figlie operaie la fondatrice si dedica esclusivamente alla deposizione delle uova e le sempre più numerose operaie volano all’esterno per rifornire il nido delle materie prime necessarie a nutrire la regina e le larve.
Per ingrandire il nido, nella parte bassa dell’ultimo strato di cellette, le operaie realizzano numerosi pilastri di cartone ai quali ancorano un piano di cellette parallelo al precedente.
In base alla forza della famiglia, determinata dal numero di uova deposte giornalmente dalla regina, e dalle risorse ambientali, il nido può essere formato da una decina di piani, tutti protetti dal rivestimento cartaceo.
Di norma il nido contiene, al massimo alcune migliaia di cellette ed è lungo 50 cm, con un diametro di 30 cm; ma, eccezionalmente, può raggiungere il metro di lunghezza.
All’inizio dell’autunno, la femmina feconda depone anche uova, non fecondate che daranno origine a maschi aploidi. Dopo la nascita degli ultimi adulti comincia il declino della colonia.
La regina, ormai vecchia, non secerne più l’ormone che rende sterili le figlie operaie, e, pertanto, le femmine neosfarfallate diventeranno feconde.
Queste ultime si accoppieranno con i maschi di altri nidi e, una volta fecondate, andranno a svernare nei vari ripari.
La vecchia regina, che ha già cessato di ovideporre, e le anziane figlie operaie, muoiono gradualmente. Solo alcune delle più giovani operaie e pochi maschi possono sopravvivere sino all’arrivo dell’inverno.
Il nido, ormai deserto, viene spesso saccheggiato dalle formiche e utilizzato come rifugio da altri insetti che vi passano l’inverno allo stato adulto, frequenti sono le Cimici delle piante e i Coleotteri Coccinellidi.
Le operaie di Vespa crabro vengono spesso catturate da numerosi uccelli insettivori.
Fra i predatori la specie più importante è il Gruccione (Merops apiaster) noto come “mangiatore di api” che, nel periodo autunnale si aggira negli apiari per catturare le api operaie che rientrano nell’alveare ma spesso preda Vespe e Calabroni che presidiano la zona per saccheggiare gli alveari.
Sinonimi
Vespa vessatore Harris, 1776; Vespa major Retz., 1783; Vespa germana Cristo, 1791; Vespa boreale Rad., 1863; Vespa flavofasciata Cameron, 1903; Vespa tartarea Buysson, 1904.