Famiglia : Muscicapidae
Testo © Dr. Gianfranco Colombo
Non è che capiti spesso nell’area mediterranea ma occasionalmente accade che sia segnalato l’avvistamento nel giardino fronte casa, di un Pettirosso (Erithacus rubecula) con la gola di color azzurro, anziché rossastra come il nostro abituale amico.
A volte parlano di un Codirosso comune (Phoenicurus phoenicurus), vista la presenza anche di timoniere rossastre tipiche di questo uccello, creando ancor più confusione fra queste due specie da parte di profani in materia.
I non esperti sono subito pronti a dare una giustificazione al fatto, adducendo una malformazione nel piumaggio del soggetto avvistato oppure fantasiosi insozzamenti con prodotti o coloranti chimici di cui siamo ormai circondati od anche presunte ed allampanate valutazioni genetiche mutuate da programmi didattici televisivi che parlano di albinismo, di melanismo, di leucismo, di flavismo ed allora perché no di un ipotetico e maccheronico …. azzurrismo!
D’altra parte il Pettazzurro, questo sconosciuto, si muove come un Pettirosso o un Codirosso, si comporta nello stesso modo, mostra la medesima e a volte spudorata confidenza con l’essere umano ed è riservato e discreto come questi due, solo che ha questo strano e bell’azzurro sul petto.
Non fosse per queste sue due caratteristiche, passerebbe sicuramente inosservato.
Chissà poi che confusione si farebbe in certe località asiatiche dove convivono le 4 specie di uccelletti con il petto colorato, che hanno le medesime dimensioni, gli stessi comportamenti e che condividono identici territori!
La Calliope siberiana (Luscinia calliope) con il petto cremisi, il Pettirosso (Erithacus rubecula) con il petto arancione, il Pettazzurro (Luscinia svecica) con il petto azzurro ed il Pigliamosche pettirosso (Ficedula parva) con il petto rossastro.
E questo senza parlare delle sottospecie e dei loro possibili incroci.
Tanta è la difficoltà mostrata dagli inesperti nell’identificazione, quanta la facilità di un buon ornitologo a classificare quest’uccello alla minima occasione, peraltro non tanto comune e alquanto intrigante nel caso di femmine, per l’evidente dimorfismo sessuale: un avvistamento ambito alle nostre latitudini e solo raramente esaudito.
Il Pettazzurro (Luscinia svecica Linnaeus, 1758) è un simpatico uccelletto che appartiene all’ordine dei Passeriformes e alla famiglia dei Muscicapidae un raggruppamento di uccelli specializzati nella cattura di piccoli insetti volanti.
Come vedremo più avanti, il Pettazzurro è un forte migratore, per cui nei nostri territori è in pratica solo di passaggio stagionale, perciò solo occasionalmente lo si può osservare nella livrea nuziale, quando mostra quel brillante azzurro sul petto. Peraltro anche se il soggetto ha già mutato totalmente il piumaggio, qualche traccia più o meno accentuata rimane sempre visibile.
L’etimologia del nome scientifico del genere Luscinia trae origine dall’omonimo termine latino “luscinia” = usignolo mentre il nome della specie svecica = della Svezia, ha radici ben più vaste e aneddotiche.
Linneo, lui pure svedese, fu direttamente coinvolto durante la classificazione scientifica di questo uccelletto, sia perché uccello ben conosciuto e piuttosto comune nel suo paese, sia per un certo coinvolgimento patriottico che lo indusse a interpretare al meglio alcune indicazioni arrivate dal suo mentore Olaus Rudbeck il Giovane, che lo identificò scientificamente per la prima volta, una sessantina di anni prima durante il discusso regno assolutista di Re Carlo XI.
Rudbeck, durante una missione naturalistica commissionata dalla casa reale svedese in Lapponia, tra le varie scoperte annoverò il Pettazzurro, un uccello sul cui petto erano in bella mostra i colori dell’allora bandiera della Svezia e naturalmente si sentì in dovere di dedicare la scoperta al suo Re, despota in quel periodo: lo chiamò infatti Avis carolina = uccello di Carlo.
Alcuni decenni dopo, Linneo, in fase di preparazione dei suoi testi del Systema Naturae, in un periodo ormai più progressista nel quale il potere reale era ormai fortemente ridimensionato, ritenne che per l’ufficializzazione tassonomica di questo ben noto uccello, il nome scientifico più appropriato fosse dedicato alla nazione intera e non ad un Re che rappresentava un potere decaduto.
Fu così che adottò il nome svecica non nel significato di Svezia ma in onore della sua bandiera.
Peraltro Linneo, forte della sua preparazione in botanica e allievo fedele di Rudbeck, gli dedicò negli anni successivi un genere di fiori alquanto conosciuti, Rudbeckia, onorandolo della sua professionalità e capacità scientifiche.
Nei dialetti regionali europei e in particolare nell’area centro mediterranea, non sono presenti nomi specifici per questa specie, a dimostrazione che questo uccellino è poco conosciuto, difficilmente riconoscibile e raramente avvistato in questi luoghi.
Alcuni dialetti mediterranei lo indicano come Roscignêu, Rossignol, Ruiseñor, Rozinjol ikhal, Rossinyol, Ruscignolu, Resegnuolo, confondendolo chiaramente, per incapacità a riconoscerlo, per un comune Usignolo.
Nomi comuni internazionali sono: in inglese Bluethroat, in tedesco Blaukehlchen, in spagnolo Ruiseñor Pechiazul, in francese Gorgebleue à miroir e in portoghese Pisco de peito azul.
Zoogeografia
Che sia dovuto all’ormai abusata motivazione del riscaldamento globale oppure semplicemente ad un più assiduo e puntuale monitoraggio di aree montane potenzialmente idonee lasciate in precedenza scoperte od ancor più alla discrezione e riservatezza tipica di questo volatile, fatto sta che sempre più spesso si ha notizia di ritrovamenti di nuovi siti di nidificazione di Pettazzurro sulle nostre Alpi.
Dai pochissimi casi rilevati negli anni ‘80 e considerati accidentali, si è passati a una costanza di numeri che confermano il desiderio di riappropriazione di un’area che forse nei millenni passati rientrava nei loro territori abituali.
Non che sia comune ma sicuramente i dati attuali confermano una maggior diffusione di quanto si potesse immaginare solo pochi decenni or sono.
Il Pettazzurro si potrebbe definire uccello tipico siberiano, abitante delle zone fredde della taiga e di ambiente alpini umidi e freschi nella parte meridionale del loro territorio, dove l’altitudine riguadagna le stesse condizioni atmosferiche delle pianure poste più a settentrione.
Le Alpi e le catene montuose europee ricreano in parte le medesime condizioni ritrovate in pianura nelle foreste planiziali delle aree continentali, sia asiatiche sia europee e salendo gradualmente in altitudine, quello che perdono in latitudine viene equamente riacquisito con l’aumento dell’altezza. Un equilibrio precario e indefinito che gli animali riescono facilmente ad avvertire.
Ciò non di meno alcune nicchie di pianura nord europea, ad esempio in Olanda e in Polonia hanno visto al contrario riduzioni contrastanti forse dovute più all’intervento umano che non della natura.
Il Pettazzurro occupa una vastissima aerea che dalla penisola scandinava arriva ai lembi estremi orientali della Siberia ed anche oltre, varcando lo stretto di Bering e creando popolazioni nel nord ovest dell’Alaska.
L’Europa non è il loro continente favorito, poiché mantengono popolazioni isolate, fluttuanti nel tempo e nella quantità, solo in alcuni luoghi particolari quali i Paesi bassi, in alcuni anditi della penisola iberica, sulle Alpi, lungo il Danubio, in Polonia e repubbliche Baltiche e in tutta la Russia cisuralica.
Anche nella penisola scandinava è frequente quasi esclusivamente sulle Alpi norvegesi e lungo il sistema collinare della penisola ma alquanto rarefatto nelle pianure circostanti.
È presente in tutta l’Asia centrale, dove si ripresentano le situazioni ambientali confacenti alle loro esigenze.
Il Pettazzurro è specie migratrice anche a lungo raggio e le popolazioni svernano sia nell’Africa sub sahariana sia nell’area tropicale asiatica. Occasionalmente può svernare nell’area mediterranea, medio orientale e nordafricana.
Ecologia e Habitat
Gli ambienti ideali scelti dal Pettazzurro per la nidificazione, sono caratterizzati da macchie arbustive basse, bordi di canneti, limiti di boscaglie in ambienti umidi e spesso paludosi, generalmente privi di alta vegetazione. Al bordo di terreni torbosi percorsi da ruscelletti e laghetti contornati da salici e alni ma ricoperti altresì da alte erbe e intervallati da ampi spazi totalmente scoperti e sgombri, tundre alpine con presenza di massi affioranti circondati da ortiche e bassi rododendri.
Nei quartieri di svernamento e nei territori transitati durante la migrazione, si può incontrare in ambienti anche non conformi alle sue abitudini, quali giardini e canneti, piccole boscaglie ripariali, aree coltivate abbandonate e non di rado, in particolare in Medio Oriente, anche in zone aride quali wadi disseccati come accade nel Negev israeliano e sulle coste marine.
Morfofisiologia
Caratteristica morfologica di quest’uccello è la macchia azzurra che solo il maschio porta ben evidente sul petto.
Questo disegno particolare può presentarsi in varie tonalità e diverse varietà di abbinamento dei colori, secondo le sottospecie e le livree stagionali.
Il colore azzurro copre interamente la gola e la parte anteriore del collo formando un bavaglio nel cui centro rimane scoperta una piccola mezzaluna che può essere o bianca o color nocciola o a volte anch’essa riempita di azzurro. Sotto questo bavaglio corre una fascia anch’essa a mezzaluna di color nero e subito sotto un’ultima fascia più ampia ed allungata ancora di color nocciola, che arriva a lambire i fianchi.
In effetti, come immaginò Linneo, il Pettazzurro è praticamente avvolto in una bandiera multicolore.
Il resto del piumaggio è quello tipico di un muscicapide, con una livrea pressoché anonima sul dorso, che appare totalmente color brunastro e un ventre biancastro. La coda è invece bicolore con timoniere equamente divise tra il nerastro e il nocciola, quest’ultimo colore nella parte iniziale della penna.
Molte sono le sottospecie classificate per questo uccelletto ma le più importanti e caratteristiche sono la Luscinia svecica svecica, tipica delle popolazione settentrionali del paleartico e che mostra il colore nocciola rossastro nella lunetta sottogulare e la Luscinia svecica cyanecula dell’area meridionale e centrale dell’Europa che l’ha invece di color bianco.
Le femmine e i giovani non hanno azzurro sulla gola se non occasionalmente ed appena accennato e mai ostentato come d’abitudine nei maschi.
Hanno solitamente sul collo dei baffi biancastri e strie nerastre più o meno diffuse, con sfumature color nocciola appena accennate. Zampe e becco sono nerastri a tutte le età e in entrambi i sessi.
Le dimensioni sono alquanto ridotte: 14 cm di lunghezza, 20 g di peso e un’apertura alare di circa 23 cm.
Escludendo la Luscinia svecica namnetum propria della Francia occidentale, le altre sottospecie sono unicamente asiatiche e identificano razze che mostrano sfumature nel piumaggio più o meno diverse ed accentuate dell’olotipo e relegate su catene montuose od aree ben delimitate:
– Luscinia svecica volgae
– Luscinia svecica pallidogularis
– Luscinia svecica abbotti
– Luscinia svecica przewalskji
– Luscinia svecica kobdensis
– Luscinia svecica luristanica
Differenziazione non facile perché dove gli areali si sovrappongono sono presenti anche gli incroci.
Etologia e Biologia riproduttiva
Il nido è collocato abitualmente a terra ben nascosto in una nicchia del terreno, a ridosso di un arbusto o un robusto stelo erbaceo ed è costruito dalla femmina con erbe e foglie disseccate, con coppa profonda ben definita ed adornato all’interno con piccole e soffice radicette, fibre vegetali e peli animali.
Vengono deposte da 4 a 6 uova di colore crema azzurrognolo, finemente macchiettate di rossastro che vengono covate dalla femmina per circa due settimane. I piccoli sono accuditi da entrambi i genitori per altre due settimane fino all’involo e la quasi immediata indipendenza. Sono effettuate abitualmente due covate per ogni stagione riproduttiva e le coppie sono monogame e durano per una sola stagione.
Il Pettazzurro è un uccello insettivoro, prede che cattura abitualmente al volo partendo dall’alto di una piccola elevazione del terreno o dalla cima di un arbusto dal quale governa e controlla tutta l’area circostante. Naturalmente mangia anche le loro larve ed anche aracnidi, vermi e piccole lumache.
Nella stagione premigratoria ma occasionalmente anche durante tutte le stagioni, non disdegna di mangiare bacche e frutti ricchi di zuccheri che gli servono per accumulare quel grasso necessario per intraprendere la lunga migrazione.
Sinonimi
Motacilla svecica Linneo, 1758; Cyanecula svecica Brehm 1828.
Il Pettazzurro è conosciuto anche come Cyanecula suecica, Luscinia svecicus, Erithacus svecius, Erithacus svecicus, Cyanosylvia suecica.
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