Famiglia : Aracanidae
Testo © Giuseppe Mazza
Aracana aurita Shaw, 1798, appartiene alla classe degli Actinopterygii, i pesci con le pinne raggiate, al variopinto e multiforme ordine dei Tetraodontiformes, il gruppo che comprende i pesci palla, come l’Arothron mappa, i pesci balestra come il Balistes vetula ed i pesci scatola come l’Ostracion cubicus, ed alla famiglia degli Aracanidae, creata nel 1941 da Fraser-Brunner per i pesci scatola d’acque profonde, che conta 6 generi (Aracana, Anoplocapros, Capropygia, Caprichthys, Kentrocapros e Polyplacapros) ed una dozzina di specie in tutto.
Il genere Aracana è di incerta etimologia. C’è chi parla di una città della Bolivia, ma pare assurdo vista la distanza geografica in uno stato che non ha sbocchi sul mare. Se si deve proprio cercare una città potrebbe essere semmai, per un’inversione di sillabe nel tempo, Akarana, il nome maori per Auckland, la città più grande di Nuova Zelanda. Resta il fatto che in Nuova Zelanda non risulta pescato e che i pesci usati per la descrizione della specie provenivano dalla Tasmania.
Il termine specifico aurita è di più facile comprensione. Nasce infatti dal latino “auritus” = orecchiuto, per via di quelle sue vistose corna accanto agli occhi.
Zoogeografia
L’Aracana aurita è una specie d’acque temperate presente nell’Oceano Indiano orientale e il sud dell’Australia fino alla Tasmania e più a Nord in alcune isole dell’Oceania.
Ecologia-Habitat
Vive sulla piattaforma continentale fra 3-200 m di profondità, molto spesso sul lato esterno dei reef con una predilezione per i fondali detritici e sabbiosi, senza trascurare gli estuari.
Morfofisiologia
Può raggiungere i 20 cm di lunghezza. Non ha squame ed il corpo, appiattito rispetto ai soliti pesci scatola, è protetto come questi da un carapace formato da placche esagonali saldate fra loro con orifizi per gli occhi, la bocca, le pinne, le branchie e l’ano.
A prima vista assomiglia molto nell’insieme all’Anoplocapros lenticularis per la presenza della grande carena ventrale e l’analogo profilo del dorso, ma qui reca in più le caratteristiche protuberanze spinose, presenti anche sui lati e sopra agli occhi.
Anche in questa specie le pinne ventrali sono assenti e la locomozione è affidata ai potenti movimenti ondulatori della grande caudale, tendenzialmente tronca con l’età, aiutata dalle pettorali che contano 10-12 raggi molli.
La pinna dorsale e l’anale, con 10-11 raggi molli, sono poste in posizione simmetrica e arretrata. Servono principalmente da timoni e per manovre di precisione fra i coralli.
Vi è un notevole dimorfismo sessuale.
I maschi presentano una livrea molto elegante con linee e macchie blu su un fondo giallastro che terminano disegnando una sorta di ventaglio sulla pinna caudale, dove il giallo si fa più carico con toni aranciati. Le insolite protuberanze spinose sono ugualmente blu, come i raggi della pinna anale e della dorsale, mentre sul ventre i colori si invertono con macchie gialle su un fondo blu meno carico.
L’aspetto delle femmine, molto più numerose dei maschi, è completamente diverso: le spine sono più corte e la livrea appare marrone rossiccia, specie sui lati e sul ventre, con zone chiare e linee scure, più o meno parallele, che in passato hanno creato spesso confusioni per la loro somiglianza, cornetti a parte, con le femmine, presenti nella stessa area, dell’Anoplocapros lenticularis.
I giovani, tondeggianti, richiamano in entrambe le specie la livrea materna, con strisce scure su grandi macchie di fondo bianche o rosse, sicuramente mimetiche nel variopinto mondo delle formazioni madreporiche, ricche di giochi di luce, con chiari e scuri in movimento.
Etologia-Biologia Riproduttiva
La dieta dell’Aracana aurita è basata principalmente su crostacei ed anellidi bentonici, ma anche su cnidari ed i detriti commestibili che cadono sul fondo. È stato filmato mentre caccia su un fondale sabbioso, fra sparute piante acquatiche, piccoli crostacei ed altri invertebrati bentonici che snida con inattesi e forti soffi d’acqua.
Per scoraggiare i predatori, come accade nel mondo dei pesci scatola, anche qui la pelle è intrisa di un potente veleno, la tetrodotossina, rilasciata quando il pesce è irritato e ancor più alla sua morte, uccidendo in questo caso gli eventuali ospiti dell’aquario in cui vive. Specie spettacolare quindi, ma idonea solo alle grandi vasche degli acquari pubblici, tanto più che, vista la profondità in cui vive, mal sopporta temperature superiori ai 16 °C.
Non si sa un gran che su questo pesce, salvo che le uova vengono affidate alle correnti e che non si tratta di una specie in pericolo.
La resilienza è buona e l’indice di vulnerabilità bassissimo, segnando (2019) appena 10 su una scala di 100.
Sinonimi
Ostracion auritus Shaw, 1798; Ostracion spilogaster Richardson, 1840.