Testo © DrSc Giuliano Russini – Biologo Zoologo
I fenicotteri sono uccelli di difficile collocazione sistematica, in quanto presentano caratteri intermedi fra i Ciconiformi (Ciconiiformes) e gli Anseriformi (Anseriformes).
A tale proposito il biologo ornitologo austriaco Max Furbringer, creò apposta, nel 1758, un nuovo ordine, quello dei Fenicotteriformi (Phoenicopteriformes), per potergli dare una collocazione sistematica.
Attualmente la classificazione di questi meravigliosi uccelli è la seguente: superordine dei Neorniti (Neornithes), ordine dei Fenicotteriformi (Phoenicopteriformes), famiglia dei Fenicotteridi (Phoenicopteridae), generi Phoenicopterus, Phoenicoparrus e Phoeniconaias.
Lo studio biogeografico ed ecogeografico sulla distribuzione di questi uccelli, l’analisi dei biotopi in cui vivono, la loro autoecologia e sinecologia, è il criterio che ha permesso ai biologi ornitologi di determinare le varie specie del gruppo.
Ma sono comunque evidenti, in tutte le specie di questo ordine, delle linee generali comuni, per quanto riguarda il comportamento animale e l’ecologia.
Già dal suo nome scientifico si è voluto indicare una caratteristica morfologica che riguarda tutti le specie incluse in questo raggruppamento. Phoenicopterus trae origine dal greco “phoinix” = rosso, carminio e “pteron” = ala, appunto una caratteristica comune a tutti i fenicotteri.
In generale, questi vivono nelle acque poco profonde delle lagune, degli stagni, dei laghi, e lungo le coste marine, raggruppati in colonie assai numerose, che possono comprendere diverse migliaia di individui.
La loro alimentazione, sfrutta le particolari caratteristiche del becco, che fa di questi uccelli degli organismi filtratori. Lo immergono infatti completamente nell’acqua, e muovendo continuamente la testa da sinistra a desta, grufolando il fondo fangoso, si nutrono di crostacei (ad esempio l’Artemia salina nelle acque molto salate), di alghe e molluschi.
Se l’alimentazione è a base d’animali, dopo aver disposto il lungo collo perpendicolarmente all’acqua, passano la parte superiore del becco sul fondo limaccioso e smuovono lo strato di fango che vi si è depositato. Quando il grande becco è pieno di fango e degli animali in esso contenuti, la lingua, che prima era retratta, viene sospinta in avanti, per espellere, attraverso particolari lamelle filtratorie, le eventuali scorie. Questa azione filtrante, si è ulteriormente perfezionata nelle specie che si nutrono in prevalenza di alghe, e riescono così ad assimilare la sostanza organica microscopica contenuta nel limo.
Dopo essersi abbondantemente nutriti, i fenicotteri di tutte le specie trascorrono ore ed ore, sia durante la fase digestiva che durante il sonno, mettendosi in una classica e curiosa posizione, con il corpo sorretto da una sola zampa per volta, mentre l’altra è ripiegata sotto l’addome.
Periodicamente, la zampa che porta il peso corporeo viene cambiata, usando quella rimasta a riposo.
Il perché questi uccelli utilizzino tale postura, per dormire e durante la digestione, ha destato per anni la curiosità dei biologi zoologi. Oggi si è arrivati ad ipotizzare, che è per non abbassare la loro curva termica.
Si tratta infatti d’uccelli che vivono costantemente in acqua, elemento in cui la dispersione di calore è molto forte. Dopo un pasto, la curva termica del corpo già si abbassa per ragioni fisiologiche, perché gran parte del sangue sistemico in circolo viene richiamato al digerente per i processi digestivi, e due grandi piedi palmati nell’acqua disperderebbero troppo calore.
Sostare su una sola zampa alla volta, permette dunque di ridurre questo fenomeno durante la digestione e il sonno. Il regolare cambio di zampa, su cui poggiare il peso corporeo, si spiega invece col fatto che sono molto lunghe e poco robuste, e usando sempre la stessa l’uccello si affaticherebbe troppo.
Non dimentichiamoci inoltre, che, in quanto uccelli, i fenicotteri sono animali endotermi-omeotermi e che l’omeotermia si mantiene costante, riducendo al minimo la termodispersione. Lo stesso vale per l’endotermia.
Altre specie animali, adottano, a tale scopo, strategie diverse. I mammiferi erbivori, per esempio, aumentano il tasso metabolico e utilizzano gran parte dell’energia metabolica introdotta coi vegetali (vedere perissodattili).
Durante la fase di digestione e riposo, il collo dei fenicotteri viene sempre piegato lateralmente e all’indietro, appoggiato sul dorso, mentre la testa rimane seminascosta tra le piume. In caso di pericolo, questi uccelli si levano simultaneamente in volo, muovendosi dapprima lentamente, poi sempre più in fretta, fino a raggiungere i 60 km/h.
Volano a cerchio, tra schiamazzi incredibili, finché, tornata la calma, ridiscendono frenando a zampe in avanti, come le anatre.
I loro nemici più frequenti, oltre all’uomo, sono i leoni, i ghepardi, le iene, gli avvoltoi, le aquile e inaspettatamente in Africa, anche alcune specie di babbuini.
Naturalmente le vittime più facili sono i giovani, che solo in relativa piccola percentuale raggiungono la maturità.
Attualmente i biologi ornitologi riconoscono cinque specie di fenicotteri, la più nota delle quali, spesso presente in giardini zoologici, zoosafari, ma anche in parchi naturali e giardini comunali, è il Fenicottero rosa (Phoenicopterus ruber) che presenta due sottospecie: il Phoenicopterus ruber ruber e il Phoenicopterus ruber roseus. Tuttavia molti altri ornitologi considerano da tempo queste due sottospecie, come specie a se stanti distinguendo i due esemplari in Fenicottero rosso (Phoenicopterus ruber) e Fenicottero rosa (Phoenicopterus roseus) ponendo così fine a lunghe diatribe.
Il primo vive sulla costa atlantica e nelle isole dell’America tropicale e subtropicale e si distingue dalla specie nominale, perché presenta una livrea quasi completamente rosa aragosta.
Il Fenicottero rosa è invece diffuso nell’area mediterranea e nell’Africa etiopica. In particolare nidifica alle foci del Rodano e in alcune lagune della Spagna meridionale, in alcune località dell’Italia e in Africa nella valle del Rift.
L’adulto raggiunge 1,30 m di lunghezza. Ha un aspetto aggraziato ed una livrea vistosa, dove si mescolano il bianco col rosa, il rosso col cremisi ed il nero. Le zampe sono rossicce, il becco è nero all’apice.
Durante il volo si distendono orizzontalmente, con il collo, il corpo e le zampe sullo stesso piano, formando, visti dal basso, una croce nel cielo. Come gli anatini, si dispongono, durante il volo, in formazione a “V”, con gli individui più forti e resistenti in testa.
Nelle stesse aree di diffusione, vive anche il Fenicottero minore (Phoeniconaias minor), che pur occupando la medesima nicchia ecologica del fenicottero rosa, non compete con questo per il cibo.
Infatti, mentre il Phoenicopterus ruber si nutre in prevalenza di crostacei, il Phoeniconaias minor si ciba di alghe microscopiche. Come suggerisce il nome, è ovviamente di dimensioni inferiori. Non supera infatti i 95 cm di lunghezza.
Il piumaggio è nel complesso più rosato che nella specie europea Phoenicopterus ruber, e la macchia nera all’apice del becco è ridotta. Esiste poi un specie cilena, il Phoenicopterus chilensis, abbastanza simile al fenicottero minore.
Citiamo infine il genere Phoenicoparrus, poco conosciuto dai neofiti.
Gli uccelli di questo genere, vivono in America centrale e meridionale. Si differenziano da quelli delle specie precedentemente citate, perché nei piedi possiedono tre dita invece che quattro.
Tale genere, comprende due sole specie, attualmente divenute molto rare e ormai membri della “lista rossa delle specie a rischio d’estinzione” della IUCN. Sono il Fenicottero delle Ande (Phoenicoparrus andinus) ed il Fenicottero di James (Phoenicoparrus jamesi).
Come accennato all’inizio, i fenicotteri sono uccelli dall’incerta collocazione sistematica, la stessa International Commission for Zoological Nomenclature (ICZN) lo fa notare.
Alcuni biologi ornitologi, li includono nei Ciconiformi (Ciconiiformes), per il loro aspetto da trampolieri, per la struttura di alcuni organi interni e anche, per la morfologia e alcuni caratteri anatomici della cassa toracica.
Per contro, la struttura del becco, in particolare delle lamelle di filtrazione, le zampe palmate, la voce ed i versi che emettono, più alcune abitudini dei piccoli, portano altri biologi zoologi ad accostarli all’ordine degli Anseriformi (Anseriformes).
La cosa però più strana e suggestiva, è l’aspetto che hanno questi uccelli in tutti i generi e le specie relative. Il loro corpo ha una forma veramente elegante e slanciata, che ricorda quella dei cigni.
Contribuisce a rendere armonioso l’insieme, la forma del collo, eccezionalmente lungo e mobile, che sorregge un capo piuttosto grande, munito di quel caratteristico e grande becco.
Quest’ultimo, presenta due rami nettamente diversi: quello superiore è piccolo, mentre quello inferiore è assai sviluppato. A circa metà della sua lunghezza, il becco si piega verso il basso, con un curva brusca; è molto grosso e massiccio e supera in lunghezza il capo. I margini di entrambi i rami, sono provvisti di numerose lamelle cornee, disposte orizzontalmente e trasversalmente.
Queste lamelle, tipiche negli anseriformi, funzionano da filtro, e rappresentano un caso di convergenza ecoevolutiva tra due ordini distinti.
Quasi tutta la superficie esterna del becco è ricoperta da una membrana, e mentre l’apice si presenta particolarmente duro e resistente, lo spazio tra i due rami nella porzione basale è occupato da una sostanza cerosa e molle.
La mascella inferiore è fissa, mentre quella superiore è mobile. Le narici, si aprono nel cranio, anteriormente alla base del becco.
La cavità interna del becco, è occupata da una grossa lingua carnosa, che ne riempie perfettamente lo spazio.
Le ali, non particolarmente sviluppate, portano 11 remiganti primarie, delle quali la prima è più lunga. Questa è quella che viene tagliata, senza che l’animale provi dolore, quando vive in cattività, per evitare che prenda il volo e scappi. Le remiganti secondarie, superano tutte in lunghezza le primarie. La coda è piccola e tronca, con 12-16 timoniere.
Le zampe sono lunghissime, simili a trampoli molto sottili. La tibia è nuda, mentre il tarso, è rivestito da ampi scudetti cornei.
Le dita sono quattro per piede: le tre anteriori, sono unite da una membrana interdigitale, che presenta lievi intaccature. Il dito posteriore, che nel genere Phoenicoparrus manca del tutto, è libero e piccolissimo. Particolarmente suggestivo, nelle varie specie, è il colore del piumaggio, come in parte già accennato, che si presenta compatto e con abbondante piumino.
Prevale il bianco, con delicate sfumature rosa e tonalità rosse, più o meno, da specie a specie, accentuate.
Le penne delle ali, sono nere o color rosa carico.
I fenicotteri delle varie specie subiscono una sola muta annuale, durante la quale perdono anche le remiganti e perciò, per un certo periodo sono incapaci di volare, divenendo più vulnerabili ai predatori.
L’impalcatura scheletrica, presenta alcune interessanti caratteristiche: le vertebre cervicali sono esili, lunghe e assai compresse, la forchetta o furcula è foggiata ad U, lo sterno è scarsamente carenato e la tibia è lunghissima, in rapporto, più di quella di ogni altro uccello.
Per inciso il “cingolo pettorale” è costituito su ciascun lato dalla scapola, il coracoide e la clavicola, che è fusa con quella dell’altro lato, a formare la sopracitata forchetta o furcula.
La capacità che questi uccelli hanno di vivere, nutrirsi e riprodursi in ambienti acquatici salati, come quelli costieri marini, o in laghi e lagune salate e nelle aree a Mangrovie, è garantita dall’esistenza di “ghiandole del sale”, con cui espellono l’eccesso di sale assunto durante la nutrizione.
Il rituale di corteggiamento, fra i membri delle varie specie di fenicotteri, segue un rigido cerimoniale, durante il quale, i maschi tutti assieme, danno origine a una marcia e una danza.
All’inizio queste sono molto compassate, ma poi, proseguendo nel tempo, diventano sempre più disordinate.
Durante tale esibizione, i maschi mettono in mostra i meravigliosi colori della livrea, emettendo senza sosta altissime grida.
Nelle acque poco profonde (sia dolci che salate), in prossimità delle rive, viene edificato un nido, dalla forma particolare.
Si presenta come un cono-troncato, con la base inferiore di 40-60 cm di diametro e l’altezza variabile fra i 10 e i 50 cm, portante alla sommità un incavo, dove vengono alloggiate le uova.
Per costruirlo, i fenicotteri usano fango del fondo, mescolato a sassi e residui vegetali, che una volta impastato secca e si indurisce. I nidi, vengono edificati a brevissima distanza l’uno dall’altro e la loro presenza, fa assumere alla laguna, un aspetto particolare. Durante la gestazione e la cova, i fenicotteri perdono l’istinto gregario e tendono a mantenere la coppia; inoltre, per quanto i nidi siano molto ravvicinati, esiste una delimitazione del territorio, anche se sommaria.
Ad ogni ciclo riproduttivo, vengono deposte una o due uova, con il guscio di colore bianco, che diviene giallo con il tempo.
All’atto della deposizione, il guscio dell’uovo è rivestito da una concrezione calcarea, che si stacca quasi subito.
La deposizione è simultanea per tutta la colonia, sia perché questi uccelli si accoppiano tutti in un brevissimo lasso di tempo, sia perché eventuali coppie che si siano formate in ritardo, diventano nervose ed eccitabili alla vista dei nuovi nati e rinunciano alla covata.
L’incubazione dura 28-32 giorni e vi provvedono entrambi i genitori.
Un tempo, si pensava che per covare, i fenicotteri si disponessero a cavalcioni sul nido, ma i biologi ornitologi da recenti osservazioni, hanno potuto constatare che ripiegano le zampe sotto il corpo, esattamente come tutti gli altri uccelli.
I piccoli, nascono ricoperti da un soffice piumino grigiastro, possiedono zampe corte e becco diritto. Nell’insieme, assomigliano abbastanza ai piccoli degli anseriformi.
Per un mese circa, vengono nutriti dai genitori, mediante una poltiglia secreta da ghiandole esofagee. Fin dalla prima settimana di vita postnatale, sono in grado di uscire dal nido e nuotano con facilità. Nei loro spostamenti si muovono sempre in gruppi compatti, formati anche da centinaia e centinaia di individui.
Trascorso il primo mese, il becco comincia ad incurvarsi e si ispessisce all’apice. In coincidenza con questa trasformazione, i genitori provvedono al loro nutrimento con minor frequenza, fintanto che i subadulti sono in grado di procurarsi il cibo da soli e possono quindi condurre vita indipendente.
Il piumaggio dei subadulti, risulta uguale a quello degli adulti e non differisce tra maschi e femmine, quindi è assente un dimorfismo sessuale sia stagionale che permanente, relativo al piumaggio.
La colorazione rosa e rosso è determinata dall’assunzione, nella dieta, di crostacei, i cui esoscheletri contengono pigmenti rosa-rosso che vanno a depositarsi nelle piume e nelle penne dell’uccello.
In cattività, quando la zona umida dove sono alloggiati è priva di questi crostacei, il loro piumaggio si “eclissa”, virando al grigio chiaro; ma fornendo, con la dieta artificiale, tali organismi, la livrea torna splendente e colorata, come in natura.